di Dario Duranti

Una cosa è certa: Robot Ninja del 1989 non è un film per tutti. È un film che diverte, confonde, sorprende, tutto nello stesso momento. L’opera si colloca nel filone tipico della serie B degli anni ’80, una miscela kitsch di arti marziali, fantascienza e horror.
Il plot è tanto semplice quanto di impatto: il fumettista Leonard Miller (Michael Todd), frustrato dall’utilizzo della sua opera di punta dal network televisivo che ne ha acquistato i diritti, decide di combattere il crimine trasformandosi lui stesso in un ninja cyborg. Memorabile la sua prima entrata in scena nei panni dell’eroe con un perentorio: «Vi eliminerò da questa Terra!»

Leonard entrerà in una spirale di violenza e autodistruzione senza fine, disegnando profetiche tavole fumettistiche che ne delineeranno il nefasto destino.

Su questa premessa, si sviluppa una serie di situazioni assurde, tra combattimenti improbabili, effetti speciali da budget ridotto e dialoghi che farebbero impallidire un drammaturgo shakespeariano.
Il protagonista, nonostante sia un cyborg ninja (che teoricamente dovrebbe essere abbastanza abile), è più portato a incassare, cadere e creare una serie di situazioni grottesche più che a combattere il crimine in maniera efficace.
La recitazione è un vero capolavoro di overacting, con interpretazioni che oscillano tra l’imbarazzante e il geniale, a seconda della personale tolleranza alla teatralità estrema.

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