In viaggio è il documentario più essenziale finora realizzato da Gianfranco Rosi e, proprio per questo, uno dei più interessanti perché in grado di gettare una luce nuova e maggiormente significativa sul suo modo di intendere il documentario e la conseguente restituzione della realtà ad opera del mezzo filmico.
L’essenzialità è determinata dalla struttura monocorde e lineare del lungometraggio: il regista mostra i vari viaggi del Papa in ordine cronologico, tutti configurati nello stesso modo. Il Pontefice viene inizialmente presentato durante il bagno di folla o mentre incontra le autorità del luogo che visita, poi vengono mostrati alcuni passaggi dei suoi discorsi. Questa struttura, costituita da unità uguali addizionate le une alle altre in senso cronologico, viene rotta da due attriti generati da altrettante dichiarazioni di Francesco a cui seguono i tentativi di scuse o di riappacificazione: l’uso del termine genocidio durante il viaggio in Armenia, a cui è seguita la protesta da parte di Erdogan, e la difesa del vescovo di Osorno in Cile, Juan de la Cruz Barros Madrid, accusato di pedofilia, dal quale in seguito il Papa ha preso le distanze.
Inoltre, In viaggio è costituito unicamente da materiale d’archivio: quello realizzato dalle telecamere del Vaticano, quello personale di Rosi (ad esempio, prima del viaggio di Francesco in Messico viene mostrato l’assassino di El Sicario – Room 164 mentre si sistema la maschera allo specchio) e altro di repertorio (ad esempio, prima del viaggio in Giappone del Pontefice vengono esibite delle sequenze in bianco e nero riguardanti le prime cure ai sopravvissuti con ustioni delle bombe nucleari che portarono alla conclusione della Seconda guerra mondiale). Per questo motivo, In Viaggio è privo del metodo di ripresa di Rosi, caratterizzato da un lungo lavoro preparatorio finalizzato ad ottenere la conoscenza approfondita dei luoghi e delle persone che compariranno nel lungometraggio. Viene meno anche l’auto-contenimento da parte del regista in uno spazio geografico chiuso, tipico della sua produzione ad esclusione di Notturno, che tuttavia viene controbilanciata dalla limitazione ad un unico personaggio, a sua volta circoscritto ad un unico messaggio e alla realizzazione di un ritratto monodimensionale. Francesco, infatti, viene raccontato facendo riferimento ad un corpus omogeneo di discorsi e opinioni, velando opportunatamente altri aspetti più problematici legati al suo passato o all’operato del suo pontificato [1]. Rosi seleziona quindi un unico aspetto del Pontefice, tentando non di realizzare un ritratto esaustivo fatto di luci e ombre, come inevitabilmente potrebbe accadere di fronte a personaggi pubblici di questa caratura e altezza. Di Francesco ci viene mostrata unicamente la sua infaticabile opera di diffusione della pace e del messaggio evangelico incentrato sulla fratellanza e sulla solidarietà fra gli uomini, con particolare rilievo alle sofferenze dei migranti.

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