Sono molti anni che si parla di un remake del famoso horror di Dario Argento, tanto che ormai i fan ne avevano perso le speranze, poi è arrivato l’annuncio che il nuovo film di Luca Guadagnino (reduce dalla nomination agli Oscar) sarebbe stato proprio Suspiria, così di lì a poco è diventato il film italiano più atteso dell’anno.

Il remake però si allontana dal materiale originale, con un po’ di delusione da parte dei fan, e forse dello stesso Argento, per divenire qualcosa di diverso, non a caso proprio il titolo sarebbe dovuto essere un altro: Suspiria de profundis come lo scritto (1845) di Thomas de Quincey, a cui si ispirò Argento per la sua trilogia, all’interno del quale viene illustrata la visione delle tre madri: Mater Lacrimarum, Mater Suspiriorum, Mater Tenebrarum.

La figura della grande Madre (Terra), nelle sue tre personalità, diventa la chiave per la soluzione dell’intrigo, ma anche il fulcro di una ricerca sull’essere femminile, sul rapporto con la propria vera natura, e la relazione madre-figlia.

La trama in linea generale prende a piene mani dal soggetto di Argento, pur sviluppandolo e inserendolo in una cornice diversa:

Susie (Dakota Johnson) una giovane ballerina proveniente dalla profonda campagna americana riesce a coronare il suo sogno di essere ammessa in una prestigiosa accademia di danza a Berlino. 

Una Berlino divisa e sotto attacco degli attentati della Banda Baader Meihnof, una situazione di pericolo esterno che rispecchia ancora più inquietante all’interno dell’edificio scolastico, dove cominciano ad avvenire inquietanti sparizioni.

Mentre le ragazze si allenano per ricreare ancora volta Volk il balletto creato dalla nota insegnante, ballerina e coreografa Madame Blanc (Tilda Swinton), ed il talento di Susie viene notato dalle insegnanti, all’esterno un anziano psicologo pieno di rimpianti comincia la sua indagine per ritrovare una paziente scomparsa (Chloe Grace Moretz).

Il fascino del film sta in primis nella cornice e l’ambientazione scelta, che rende tutto terribilmente reale, storico, e vicino a noi. E’ facile sentirsi in trappola tra le mura di una scuola di streghe se sei già chiusa in una città divisa e sotto assedio terroristico.

L’altro merito della pellicola sta nello strano taglio stilistico scelto dal regista, in bilico tra compostezza e ferocia, sbandando talvolta tra l’uno e l’altro (alcune scene sono davvero eccessivamente schifose/splatter, nel prefinale si eccede invece nel trash, mentre altre volte la tensione latita fino alla distrazione). Questo equilibrio difficile non sempre perfetto è reso al meglio nelle splendide coreografie dove l’energia selvaggia e dirompente viene racchiusa in precise figure geometriche; qui le ballerine diventano vere e proprie frenetiche menadi, non a caso le coreografie incantevoli sono tutt’uno con le uniche tre scene davvero horror del film, con un contrasto non da poco, al’interno delle quali la danza si rivela la vera magia che unisce l’uomo (o meglio la donna) al divino.  

Scritto da Maria Parisi (lumiereeisuoifratelli.com) (fonte immagine: blog.screenweek.it)