Il suono dei tamburi (in particolare del dammam – uno strumento tradizionale del sud dell’Iran) ricorre durante tutto il film. Ed è un suono evocativo di un tempo lontano, ma anche passionale e che in qualche modo ha a che fare con la morte. Ne La Sirena di Sepideh Farsi è uno degli elementi più importanti perché ritma, puntualizza e sottolinea gli eventi storici e personali del protagonista adolescente.

Siamo nel 1980 ad Abadan in piena guerra tra Iran e Iraq e la capitale dell’industria petrolifera iraniana cerca di resistere all’assedio iracheno. Il quattordicenne Omid ha sfidato le bombe ed è rimasto in città con il nonno, in attesa del ritorno del fratello maggiore dal fronte. Insieme a Omid, incontriamo una galleria di personaggi insoliti e molto ben tratteggiati che è rimasta in città per motivi diversi, e ognuno resiste a modo suo. Ma la guerra, giorno dopo giorno, si avvicina mentre Omid cerca di salvare i suoi cari, imbarcandoli su una barca abbandonata che trova nel porto di Abadan e che diventerà la sua arca di Noè.

La pellicola è ambientata in un momento storico che magari i più maturi ricorderanno e possiamo osservare – anche se indirettamente e attraverso la presenza di molti manifesti elettorali – l’ascesa al potere dell’ayatollah Khomeyni, che segnerà il paese e tutta la regione negli anni successivi. Un periodo che comprendiamo meglio attraverso gli occhi del giovane Omid e delle sue scoperte giornaliere, in una città mezza distrutta dalle bombe.

Dopo aver diretto una dozzina di documentari e lungometraggi, Sepideh Farsi ha deciso di realizzare il suo primo film d’animazione basato su un’idea che stava sviluppando dal 2009. Farsi spiega che la guerra Iran-Iraq è stata una delle guerre più sanguinose dalla Seconda guerra mondiale, ma anche una delle meno documentate. “Ho pensato che fosse importante rivivere questa guerra dimenticata, che alcuni storici chiamano la prima guerra del Golfo”.

Ma questa è anche un’opera personale, nel vero senso della parola, in quanto nel 2022, il padre di Farsi morì in Iran e il film gli rende omaggio. Fu lui a portare la figlia ad Abadan per la prima volta, quando era ancora molto giovane; una città con la quale sviluppò un rapporto molto speciale. La regista ha combinato molto bene la finzione con i propri ricordi, tra cui una scena di un cinema che è stato realmente incendiato, provocando più di 400 vittime. Un film dove anche in nomi hanno un significato profondo, infatti Omid vuol dire “speranza” e Pari (la ragazza di cui si innamora il protagonista) significa sirena (da intendere sia come essere mitologico sia intesa come il rumore delle sirene).

Ed è interessante notare che La Sirena, non entra nel conflitto vero e proprio tra i due Paesi (il nemico non si vede quasi mai né viene mai nominato), ma si concentra sul ruolo sociale dei protagonisti alle prese con gli effetti collaterali provocati della guerra.

L’animazione, splendida, pulita, essenziale ma anche molto intensa – grazie al sapiente uso di colori accesi come il rosso e il giallo, in contrasto con quelli freddi come i grigi e il blu – è stata presentata alla Berlinale dello scorso anno e arriva da giovedì 21 di marzo nelle sale della Svizzera italiana, in particolare all’Otello di Ascona e all’Iride di Lugano, in versione originale con sottotitoli in italiano.