L’occhio dello spettatore accorto ed esperto, probabilmente, mentre guarda Quell’estate con Irène si ricorda di un altro film. Stiamo parlando de L’avventura di Michelangelo Antonioni. Non che sia la fotocopia dell’opera del grande maestro, ma il film di Carlo Sironi, in qualche modo ha qualche rimando che lo ricorda.
Ma veniamo alla trama. Siamo nell’agosto del 1997. Clara e Irène si incontrano per la prima volta durante una gita organizzata dall’ospedale che le ha in cura. Timida e solitaria l’una, sfacciata e inarrestabile l’altra, in comune hanno i loro 17 anni e quella malattia che sembrava sconfitta ma è ancora un’ombra presente nelle loro vite. Eppure, quando sono insieme la paura svanisce e bastano poche ore a renderle inseparabili. Al punto di decidere di scappare insieme su un’isola lontana da tutti dove poter finalmente vivere la loro prima vera estate.
Ecco, forse è la fuga verso un paradiso lontano ad avermi fatto ricordare il film di Antonioni. Forse è stata l’isola deserta (un personaggio vero e proprio ne L’avventura) a rammentarmi quegli spazi ampi ma anche duri e scontrosi. Eppoi ci sono le due ragazze: una bionda e l’altra mora (proprio come Monica Vitti e Lea Massari).
Il film, racconta il regista, al suo secondo lungometraggio: “nasce dal desiderio di raccontare quel momento in cui le prime impressioni della vita ci colpiscono e vanno a creare la nostra identità e la nostra memoria, quell’estate che non dimenticheremo mai. Volevo realizzare un film che avesse la sostanza indefinita di un sogno ad occhi aperti e la precisione chirurgica dei ricordi più importanti”. È infatti la rappresentazione di quei momenti di scoperta, decisivi per la vita, a contrassegnare l’opera di Sironi, presentata alla Berlinale in prima mondiale nella sezione Generation 14plus.
Un film che si basa molto sui silenzi e le sensazioni, sul caldo che si avverte sulla pelle delle ragazze e sul mare che li accoglie ma li respinge anche. Anche il tappeto sonoro ha la sua rilevanza. Accompagna in modo soft le varie scoperte, ma ci sono dei guizzi, degli intermezzi più rock che esemplificano bene i grandi sbalzi ormonali di quell’età.
Ha degli aspetti interessanti l’opera di Sironi. Intendiamoci, è distante anni luce dal riferimento che abbiamo citato. Ma è una visione piacevole, discreta, interessante e delicata.