Una delle particolarità che abbiamo notato di questa edizione è la presenza di diversi film in bianco e nero.
Nonostante i film siano passati al colore da ormai ottant’anni ci sono moltissimi cineasti che si sono serviti, e tutt’ora si servono, del bianco e nero. A volte queste pellicole destano sorpresa, curiosità, ma soprattutto omaggiano uno stile che rimanda ad altri tempi. Il bianco e nero non è meglio o peggio del colore, ma ha tutta un’altra estetica, che ogni autore ha piegato a suo gusto. Qui al festival ne stiamo vedendo alcuni esempi.
Di ROMA di Alfonso Cuarón vi abbiamo già parlato nel reportage del primo giorno.
Aggiungiamo però due parole in più nello specifico sul bianco e nero. Cuarón ha optato per dei toni poco contrastati e saturati, che mantengono per tutta la durata del film una delicata morbidezza. Questo crea un’atmosfera quasi calda che non fa percepire l’assenza di colori come una mancanza, ma anzi travolge lo spettatore e lo trasporta all’interno della sua dimensione portandolo a vivere un sogno condiviso con personaggi e paesaggi. Per Cuarón si tratta di un lavoro molto intimo e personale, con tratti autobiografici e il bianco e nero aumenta ancora di più la sensazione di nostalgia, derivante anche dall’ambientazione nei primi anni Settanta, che il regista ha trasmesso al film.
Il secondo film di cui vogliamo parlare è Akasen Chitai (La strada della vergogna) di Mizoguchi.
Si tratta in questo caso di un restauro della sezione classici ma anche qui il bianco e nero è stata una scelta artistica del regista, essendo il film del 1956. Mizoguchi è stato uno dei cineasti più importanti e influenti della storia del cinema. Nel caso di questo film la maestria emerge dal suo bianco e nero nitido che riesce a evidenziare tutti i dettagli della scena e dei personaggi, quasi arricchendoli. Questo avviene in particolare con le donne che vivono nella casa di prostituzione. L’eliminazione dei colori in un ambiente in cui sarebbero stati dominanti, pone il focus sui caratteri, i sogni e le paure delle protagoniste e aumenta la drammaticità di tutti gli episodi della loro quotidianità che vengono raccontati in questo film.
L’ultimo, ma non meno importante, è What You Gonna Do When the World’s on Fire? di Roberto Minervini, selezionato nel concorso ufficiale.
Si tratta di un documentario che esplora la quotidianità di una comunità nera del sud dell’America alle prese con i violenti episodi di odio razziale che stanno diventando sempre più frequenti negli Stati Uniti.
In questo caso il bianco e nero è molto contrastato e definito, caricato nelle sue forme per delineare ancora di più le immagini. Si tratta di una scelta molto interessante perché sembra quasi voler dire che lo spettatore deve osservare le storie e le persone sullo schermo cancellando l’idea di colore dalla sua mente, specialmente quello della pelle. Un film che nel bianco e nero concentra non solo un valore estetico ma anche un concetto morale: non devono esserci distinzioni, se non tra cosa è giusto e cosa è sbagliato.
Un lavoro davvero ben riuscito che speriamo riesca a conquistare qualche premio.
Domani vi parleremo di Suspiria e di Sunset quindi continuate a seguirci per sapere cosa ne pensiamo di due tra i titoli più discussi di questa mostra.
Scritto da Arianna Vietina e Elisa Biagiarelli (originariamente pubblicato sul sito web: http://peppermindsblog.it/venezia-75-4-lesplorazione-del-bianco-e-nero/ fonte immagine: movietele.it)