Pado (di Yumi Joung, sezione Pardi di domani: Concorso internazionale), oltre ad essere il soprannome di un mio collega, è un cortometraggio di animazione sudcoreano senza dialoghi. Come sempre, in Oriente la poesia non difetta. Basta caderci dentro e ci vedi quello che vuoi. Io ci ho visto un bel po’ di cose nei suoi limpidi 8 minuti (Oh, aurea brevità! Oh, dannata prolissità!), ma soprattutto ho iniziato meglio la mia giornata: al mattino è meglio lasciarmi perdere!

C’è una spiaggia in cui si avvicendano una donna che poggia la sua valigia e si addormenta a riva; un bambino con la sua palla; una ragazzina (che poi si capisce essere la figlia della donna) che si spoglia, fa due esercizi di riscaldamento ed entra in mare, scomparendo (salvo poi essere recuperata da sua madre che a un certo punto si sveglia per andarla a recuperare); un impiegato con la sua ventiquattrore che si mette a costruire castelli di sabbia; un’anziana che consegna a un barcaiolo – che fa la spola non si sa da dove nel mare – carcasse di animali morti (un canarino, una volpe, un gatto) e di un uomo con una giacca nera. Chi altro c’è? Ah, giusto, il padre del bambino che alla fine entra nella scena solo per portarselo via. A questo punto la spiaggia ritorna deserta: resta solo la valigia della madre della ragazzina. È un monito per chi arriverà o un invito a riprendere la via del mare? Ciò che tuttavia non scompare dall’inizio alla fine sono le onde del mare. Meraviglioso cinema coreano!

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