È l’energia che fa girare il mondo. Quando la senti non c’è nient’altro. Io l’ho avvertita, in modo chiaro, mercoledì pomeriggio, nella sala Bunuel del Palais du Festival. Poco prima delle 17, tutti erano al loro posto ed è entrato John Travolta. In quei minuti prima del suo arrivo c’era un concentrato di forza nel pubblico che si è liberato con un forte e caldo applauso.
L’attore americano ha ripercorso la sua carriera, ha parlato di cosa significa fare l’attore e ha pure rivelato una sua passione forse mai troppo pubblicizzata. Ma andiamo con ordine.
Si è, per esempio, espresso su La febbre del sabato sera. «Il regista mi ha cercato per interpretare Tony Manero e visto che non conosceva l’ambiente newyorkese, mentre io ci sono nato, l’ho aiutato dandogli qualche consiglio. Devo comunque dire che nessuno si aspettava un successo del genere, ma ricordo che sul set c’era un’energia tangibile, l’ho subito avvertita e forse è stata la chiave per creare quell’opera». E su un altro film mitico come Grease ha affermato «penso che sia stato un film che ha mutato qualcosa nella storia del cinema e anche nella mia carriera. E sorprendentemente non è invecchiato. Benicio Del Toro, di recente, mi ha confidato che quando aveva 12 anni lo vide ben 14 volte ed è da lì che ha iniziata la sua passione per la recitazione».
Travolta è l’uomo delle mille rinascite. Una di queste, forse la più clamorosa, è quella legata a Pulp Fiction. «Tarantino mi diede fiducia e io credo di averla ricambiata cercando di immedesimarmi al massimo in quel personaggio. Ma ci sono riuscito completamente solo quando avevo il taglio dei capelli giusto e l’abito adeguato al film. Importante è stato anche il lavoro sul tono di voce; il tessuto vocale di un personaggio sta alla base dell’identificazione. È fondamentale. Quel film – ha aggiunto – mi ha dato la possibilità di poter scegliere con chi lavorare e che cosa fare. E per un attore è una grande libertà».
Ha anche parlato di Face Off di John Woo. «È stata una grande esperienza. Il regista ci ha dato la massima fiducia sia a me sia a Nicholas Cage. E devo dire che per me è stato più difficile, nella seconda parte del film, interpretare Nick di quanto lo fosse per lui, fare me. Lui ha un modo tutto suo e ha uno stile talmente unico che ho dovuto fare un gran lavoro per cercare di assumerlo, spero di esserci riuscito».
L’attore ha detto di avere un rapporto particolare con il gentil sesso. «Nella mia carriera sono stato diretto da due donne e devo dire che mi sono trovato in entrambi i casi molto bene. Si è creato un rapporto quasi materno da parte loro. Così come ricordo con piacere la moglie di Mike Nichols. Quando avevo qualche contrasto con lui andavo dalla moglie e gliene parlavo. Lei mi dava ragione e faceva cambiare idea al marito. Mi sono sempre sentito bene con le donne e sono riuscito a esprimere liberamente le mie emozioni e i miei sentimenti».
Travolta ha quindi rivelato di essere un buon conoscitore di cinema e della sua storia. «È strano perché ho interpretato personaggi molto popolari, ma fin da ragazzino mi sono appassionato ad autori come Fellini e Bergman. Mi ricordo per esempio che quando vidi per la prima volta Giulietta Masina ne La Strada rimasi sconvolto dalla sua interpretazione e nell’apprendere che si poteva morire anche di dolore. Fu una rivelazione che ho impresso ancora nella memoria come se fosse ieri».
Un uomo disponibile Travolta. Anche ad andare oltre il rigido orario previsto dal protocollo e a lasciarsi letteralmente avvolgere dal pubblico alla fine della masterclass. Selfie inclusi.