Siamo tra i vampiri. Ancora una volta la figura dei succhia-sangue fa proseliti nel mondo dell’arte cinematografica. Presentato nella sezione Orizzonti questo lavoro, della giovane regista Céline Rouzet, va a toccare un classico tema della letteratura e del cinema: il rapporto con il diverso, con l’altro. E lo fa attraverso la classica figura del vampiro.
Siamo anche nel mondo dei teenager, dove ogni minimo cambiamento, ogni piccolo commento, può avere conseguenze radicali e impreviste.
En attendant la nuit inizia con una scena piuttosto dura e più precisamente con la nascita di Philemon e il sangue che esce dal seno della madre. Sangue che sarà l’elemento ricorrente e il filo conduttore di tutta la pellicola.
Ma il resto del film si svolge 17 anni più tardi quando la famiglia di Philemon si trasferisce in un nuovo paese. La sua intenzione è quella di apparire il più normale e affabile possibile. Ma lui non è un adolescente normale. Quando si avvicina alla sua nuova e bella vicina, Camila, la sua sete di sangue cresce e la sua diversità diventa impossibile da dissimulare…
Ecco, la conoscenza dell’altro e il desiderio della carne sono i motori che infiammano la trama e il lavoro di Rouzet. Il tutto, ovviamente, contaminato (e il termine non è scelto a caso) dalla presenza del sangue (rubato più volte dalla madre-infermiera in un centro di raccolta).
Il film è anche molto naturalistico grazie a una fotografia che si concentra sul paesaggio estivo e caldo. Una natura che ceca di rendere reale una vicenda surreale. Come ha spiegato anche la stessa regista: “il film descrive famiglie normali in una città normale. Giardini verdi. Grigliate gioiose e musica gradevole. Volti sorridenti. Aggiungiamo i nuovi vicini con un figlio strano, timido e di una bellezza inquietante. Un pallore malaticcio. Mescoliamo il tutto con il furto, la menzogna e i morsi, e vediamo cosa succede”. Ecco, quello che succede non lo svegliamo ma è abbastanza prevedibile per un film di genere.
Il primo lungometraggio della giovane regista francese si poggia su una solida (seppur non nuova) sceneggiatura con dialoghi che riescono a prendere lo spettatore e una recitazione misurata e giustamente nervosa da parte del protagonista. È godibile, intrattiene il giusto ma lascia poco spazio all’originalità. Forse, malgrado una mano sicura, la regista, manca un po’ di coraggio e forza nell’andare oltre i soliti cliché che il genere impone.