Un discreto debutto alla regia, una bella conferma attoriale e un film che si contorce su sé stesso e che rischia di far perdere un po’ la testa (letteralmente) per tutta la roba che c’è dentro. Hereditary-le radici del male è un po’ questo, ma anche altro. È proiettato nelle nostre sale e sta raccogliendo un buon successo internazionale. Infatti, a fronte di un budget limitato a 10 milioni, è già a quota 80 milioni di incassi. Si tratta sicuramente di un’ottima operazione commerciale.

Il film inizia con un funerale, è quello di Ellen Graham, una signora attempata e misteriosa che lascia un vuoto nella figlia Annie e nella sua famiglia. E fin qui ci sta in quanto la pellicola lavora molto bene sulle atmosfere cupe ed esoteriche e soprattutto sulla recitazione di una bravissima Toni Collette.

È un thriller, anzi un horror, che si rifà a classici del genere: non cito il solito Shining, ma piuttosto lo vedo vicino a Rosemary’s Baby di Polanski. Ecco, siamo in quell’ambito lì, dove le figure misteriose e sinistre ti diventano amiche e dove il satanismo e la magia regnano sopra tutto e tutti. Inoltre, come Mia Farrow, i protagonisti di questo film vanno incontro a un destino annunciato sin dalle prime immagini.

Il film poi si perdere. Infatti, per non farci mancar nulla, insieme alla magia, al satanismo e ai poteri sovranaturali (inclusa una medium), abbiamo anche il sonnambulismo. Di tutto un po’ ma per fortuna, a non farci buttare tutto nel cestino dei rifiuti – oltre alla citata Collette –, anche delle piccole trovate che impauriscono più di tanti effetti speciali: per esempio uno schiocco della lingua che la figlia di Annie replica più volte durante i momenti di tensione. Un piccolo gesto, ma che dà il ritmo a quelle scene e ti martella in testa per il tutto il tempo. A dimostrazione che la paura è qualcosa di incomprensibile e intimo, legata più alle tue angosce che alle urla o agli effetti speciali. Effetti usati in abbondanza alla fine del film suscitando, invece nello spettatore, una reazione di derisione e rischiando di mandare all’aria le atmosfere che si erano abilmente create in precedenza.