La fuga dalla Bielorussia, l’arruolamento nella Legione straniera e il combattimento nel Delta del Niger. Sono tre delle tappe che Aleksei (Andy) deve passare per riuscire a ottenere un passaporto francese e costruirsi una nuova vita. Disco Boy (che lo scorso gennaio ha ricevuto l’Orso d’argento a Berlino per la splendida fotografia) è arrivato nelle nostre sale (a Massagno e ad Ascona) e vale davvero una visione.
L’opera prima dell’italiano Giacomo Abbruzzese ha quale protagonista Franz Rogowski, uno degli attori più caratteristici e potenti degli ultimi anni, e soprattutto ha nella bellezza visiva il suo miglior pregio. L’utilizzo dell’infrarosso notturno, soprattutto in una scena di combattimento corpo a corpo, è spettacolare e dà al film una forza particolare. Infatti, la messa in evidenza dei due colori tipici di queste camere (il rosso e il blu) richiama gli ambienti frequentati da Andy e dal suo avversario, Jomo, a sua volta combattente ma contro le multinazionali che sfruttano il territorio africano. Se Andy è accostato soprattutto alle luci blu, più fredde (che ovviamente rimandano alla freddezza del legionario), il rosso e le sue varie tonalità colorano la vita africana di Jomo. Due colori, due stati d’animo che in qualche modo si incontrano e si scontrano nella scena appena menzionata.
I colori hanno anche la funzione di dipingere i corpi dei protagonisti. Corpi atletici, forti, nervosi e anche danzanti. Ecco, il ballo è la chiave di lettura più importante del film. È l’interruttore di cui ha bisogno Andy per liberarsi dalla vita precedente e accedere a una nuova esperienza, in un altro paese.
È solo attraverso la danza, fonte liberatrice delle antiche costrizioni, che Andy riesce a evolvere e a superare gli sguardi fissi e inespressivi a cui abitua gli spettatori dall’inizio della pellicola. E come ci riesce? Attraverso una bellissima ballerina che incontra nella discoteca che frequenta con i suoi commilitoni. Una folgorazione che gli fa perdere ogni durezza d’animo. Un incontro – attraverso una donna che si presenta quasi come una figura divina – che gli dona l’umanità che stava cercando.
Un film fuori dagli schemi e dai territorio ai quali ci ha abituato il cinema d’oltre frontiera. Un’opera che dimostra come si possa esplorare territori poco esplorati e che mette in evidenza, ancora una volta, i limiti di parecchie pellicole italiane contemporanee. Molto coraggioso e originale.