In un villaggio siriano di frontiera, nei primi anni Ottanta, il piccolo Sero vive il suo primo anno di scuola. E come tutti i ragazzini della sua età organizza scherzi con i suoi compagni, sogna una televisione per poter finalmente guardare i cartoni animati, ma allo stesso tempo sperimenta come gli adulti intorno a lui siano sempre più schiacciati dal nazionalismo e dalla violenza.

L’emblema di questa dittatura è un nuovo e fanatico insegnante, arrivato per trasformare i bambini curdi in compagni panarabi. Bandisce la lingua curda con il suo manganello, ordina il culto del presidente Assad con un indottrinamento da regime comunista e predica l’odio per gli ebrei. Le lezioni confondono il ragazzino perché i suoi vicini sono una bella famiglia ebrea alla quale lui è molto affezionato.

Il regista, di origine curde ma residente in Svizzera, Mano Khalil, dipinge un affresco di un’infanzia difficile, ma dove malgrado le difficoltà quotidiane e la dittatura si riescono a trovare sprazzi di luce e libertà.

Il film, visibile nelle sale della Svizzera italiana dal 24 di febbraio (nelle sale di Mendrisio, Ascona, Bellinzona e Massagno) e presentato all’ultimo Film Festival di Locarno, ha diversi pregi, ma anche quale difetto. Iniziamo dai primi. La storia, malgrado qualche piccola incertezza narrativa, si segue bene ed è scritta in modo convincente. La fotografia e la luce, che in alcuni momenti quasi ci acceca, è splendida e ti immerge in una realtà lontana nello spazio e nel tempo. Anche la tematica scelta e il modo in cui è stata trattata, è sicuramente da elogiare, così come l’affidare il punto di vista del film a un ragazzino è un atto coraggioso e da applaudire. È inoltre un film ricco di elementi simbolici come l’arrivo di una palma nel piccolo villaggio, o quello della corrente elettrica. Senza scordare la prima tv del paese e i palloncini che, inseriti nella costruzione narrativa e con un loro ruolo diegetico, danno più profondità all’opera. I difetti, che comunque sono di gran lunga inferiori per importanza, riguardano la recitazione (il bambino in alcune scene non è così convincente, così come alcuni personaggi secondari nei quali avverti la finzione filmica) e la voce fuori campo (presente soprattutto all’inizio e alla fine del film) che incornicia l’opera in modo troppo didascalico. Ma, tutto sommato Nachbarn è un bel film da gustarsi e sul quale riflettere in una comoda sala di uno dei nostri cinema.

È prevista una serata speciale alla presenza del regista sabato 26 al cinema Lux (dalle ore 20.30).