Scritto da Messua Mazzetto in collaborazione con https://lumiereeisuoifratelli.com/

Non si può rimanere indifferenti di fronte film del genere, per la forza del loro messaggio e anche per il modo in cui esso ci viene rivelato. 

Da dove posso cominciare?

Innanzitutto la storia è tratta da un romanzo di De Lillo, dove la fedeltà alla storia del libro è stata rispettata salvo qualche dettaglio.

Il cast è di per sé esplosivo, troviamo come protagonisti Greta Gerwig (nel ruolo di Babette), Adam Driver (nel ruolo di Jack) e poi anche Don Cheadle e Jodie Turner-Smith. Sono sbarcati tutti e quattro al lido di Venezia oggi assieme al regista Noah Baumbach. 

White noise vi ricordo è il film d’apertura di questa 79° esima edizione del festival del cinema di Venezia (90° anniversario dalla fondazione) ed è anche uno dei film in concorso.

Durante la conferenza stampa ufficiale sono riuscita a chiedere al regista maggiori delucidazioni sul rapporto tra l’immagine e il sonoro, che in quest’opera è fondamentale, in alcune scene il connubio tra musica e immagine crea un vero e proprio senso di ansia per lo spettatore. Baumbach mi ha detto di aver curato ogni minimo aspetto, tanto che ogni attore era microfonato singolarmente e anche per quanto riguardo i rumori ambientali vi erano microfoni in diverse zone per arrivare a captare quanto più possibile. Una scelta quindi meticolosa che si rivela efficace e in grado di arricchire l’esperienza filmica.

Visivamente uno spettacolo, sopratutto la “nube” (che viene resa visivamente in modo straordinario e realistico) che  arriva a sconvolgere le vite dei nostri personaggi, già con le loro crisi e manie, che però grazie alla nube emergono in modo prepotente e deciso.

Viene posta a tutti noi, non solo ai protagonisti della pellicola, una riflessione profonda sulla morte e sulla percezione della stessa.

Per alleggerire lo stato d’ansia e il costante senso di tensione vengono inseriti dei piccoli siparietti comici, in grado di regalare un veloce sorriso (in sala si è percepito bene).

Non sono da meno i legami tra i vari personaggi, la vicenda viene vissuta  per la maggiore con lo sguardo di Jack (Driver), questo professore specializzato sugli studi Hitleriani che si confronta con un collega (Don Cheadle) specializzato invece sul percorso artistico e di vita di Elvis Presley. Le lezioni di Jack sono apprezzate sia dagli studenti che dai suoi colleghi; riesce ad incantare con la sua dialettica e il suo modo di spiegare.

Il film viene diviso in capitoli grazie a dei micro-titoli che ci indicano quale parte del romanzo stiamo “guardando”. 

I giochi nelle inquadrature, nelle luci e il connubio già citato con il suono lo rendono un’opera caleidoscopica, da guardare più di una volta per assaporarla appieno.

Quindi se anche gli altri film in concorso terranno questo livello e questa qualità per i giurati sarà un arduo compito selezionare l’opera che si aggiudicherà l’ambito Leone d’oro.