Siamo nel 1774, poco prima della rivoluzione francese, in una foresta tra Potsdam e Berlino. Un gruppo di libertini francesi, scappato dal neo-governo ultra-conservatore di Luigi XVI, si incontra con il Duca di Walchen (Helmut Berger), seduttore e libero pensatore tedesco, rimasto solo in un Paese dove l’ipocrisia e la falsa virtù regnano. Rimaniamo con loro per una notte intera, tra gli alberi, la terra e le loro carrozze immobili, senza ruote e senza cavalli; nel “bosco del veleno”, il luogo sicuro dove possono mettere in pratica il loro libertinaggio.

Ogni forma di perversione viene sondata ed esplicitamente mostrata. Fustigazione, pissing, bondage, cinture falliche: c’è di tutto. Ma la messa in scena di Albert Serra non è mai pornografica, anzi. Per tutte le due ore di durata non ci troviamo mai davanti un pene eretto, e non assistiamo mai a un rapporto completamente soddisfancente. Serra tripartisce il desiderio in tre fasi che continuano a susseguirsi: il racconto, che costituisce il tentativo di evasione attraverso la parola che eccita creando un’immagine idealizzata ma intangibile; l’atto, la sua inefficace messa in pratica attraverso corpi femminili attraenti ma corpi maschili putridi, grassi e pelosi, che tolgono ogni libido, distruggendo l’attrattiva sessuale dell’immagine e quindi negandone il suo compimento; l’osservazione, che, attraverso la masturbazione fallita, ribadisce il fallimento erotico dell’immagine realizzata non più solo per chi la pratica ma anche per chi la osserva all’interno della scena, su cui Serra insiste temporalmente con inquadrature fisse su osservatori intenti a masturbarsi senza esito.

Nessuno raggiunge l’orgasmo. L’immagine reale, concreta, respinge ciò che la fantasia aveva immaginato come eccitante. Non resta quindi che spingere un po’ più avanti con la fantasia, eccedere per evadere dalla concretezza che vittima dell’abitudine è diventata insoddisfacente, stantia. E ripetere nuovamente il ciclo.

Serra compone quadri concettualmente aderenti alla teoria proposta, distanti, freddi – perfino il rosso dei drappi viene desaturato e raffreddato – che si susseguono per oltre due ore di durata funzionali a farci inabissare nella noia di una società libertina ma viziata. Ma non si limita a parlare di immagine in senso strettamente sessuale; estende il discorso, per sineddoche, in senso lato. La mancanza di godimento alla vista di un’immagine è generale, continuamente stimolati visivamente come siamo. Assuefatti, ma non per questo non proviamo costantemente a contrastare un insoddisfabile Sehnsucht visivo cercando un’immagine nuova.

 

Scritto da Enrico Cehovin in collaborazione con www.lumiereeisuoifratelli.com

(fonte immagine: imdb.com)