Xavier Dolan, emozionatissimo prima e dopo la première a Cannes, ha continuato la sua indagine sui rapporti familiari e sull’identità sessuale. “Il film – ha detto – evoca questo mondo in cui dei giovani adulti di provenienza sociale diversa, si domandano come lo faccio io, a quale luogo appartengono”.
Torna davanti alla macchina da presa lo stesso regista canadese che interpreta uno dei due ragazzi protagonisti. E questo è un valore aggiunto al film in quanto in pochi sanno dare tanto realismo alle questioni che indaga.
Il film mette in scena un pezzo di vita, interrotto da alcuni flashback, di un gruppo di amici. E parte da un bacio omosessuale che due di loro si devono dare per accontentare un’amica regista che sta girando un corto. Un bacio finto, insomma, per cinema. Che però è la scintilla che scatena un fuoco più grande. Un modo per far passare anche un altro messaggio, anzi una domanda dal tono marzulliano e ne sono consapevole: il cinema è la vita o la vita è solo un film più lungo?
Il film è costruito su un climax di emozioni. Tutto aumenta con il passare del tempo e i rapporti diventano più intensi e difficili da gestire.
Matthias et Maxime è un altro tassello nella già ricca filmografia di questo giovanissimo autore. Piacevole, divertente, intelligente ma che non ha forse l’innovazione che ci si poteva aspettare dall’enfant prodige del cinema mondiale.