Pluripremiati a Cannes e addirittura due Palme d’oro per Rosetta e L’enfant, i fratelli Dardennne tornano in concorso con un tema quanto mai scottante: il fondamentalismo islamico. E come spesso accade i registi belgi scelgono un ragazzo quale protagonista. Si chiama Ahmed, ha 13 anni e si sta radicalizzando seguendo gli insegnamenti di un Imam. Cresciuto in una famiglia laica, dove le donne possono bere alcolici, non portano la hijab e frequentano uomini, Ahmed vede questa condotta contraria al Corano. Accecato da questi ideali il ragazzo non ascolta nessuno, nemmeno la madre, e si incammina su una strada pericolosa. Tanto da cercare di uccidere la sua insegnante.

Così come Loach scava nei problemi lavorativi, i Dardenne non perdono di vista le questioni sociali. In questo caso la scelta di un adolescente per parlare di un tema forte e delicato come la radicalizzazione islamica è stata davvero un rischio. La sfida è comunque riuscita. Come sempre, grazie alla camera a spalla che segue il ragazzo per tutto il film (tratto distintivo sin dai primi lavori), il risultato è compatto e non ti lascia distrarre un attimo. Convincono anche gli attori grazie a dialoghi curati anche se in qualche occasione un po’ didascalici. Il punto di domanda più grosso resta il finale, che qui non svegliamo. Ma la soluzione trovata ha lasciato un po’ interdetti, o comunque pensierosi. Bene, ma non benissimo.