È molto interessante la storia alla base di questo documentario. Nel 1975, il regista francese premio Oscar Pierre-Dominique Gaisseau approda a Panama per girare un documentario sul popolo Kuna, per cui le donne sono sacre. Gaisseau, sua moglie e la figlia Akiko vivono assieme ai Kuna per oltre un anno e nel frattempo gira diverse scene di vita quotidiana, ma il progetto ben presto esaurisce i fondi e una banca confisca le bobine e il materiale girato. Cinquant’anni dopo, i Kuna stanno ancora aspettando il loro film, ormai divenuto leggenda e tramandato oralmente dagli anziani alle nuove generazioni. Finché un giorno, una copia del film creduta perduta viene scoperta a Parigi e il regista svizzero-panamense Andres Peyrot, se ne prende cura, girando un documentario su quel documentario e su quegli eventi.
La pellicola è stata presentare in apertura alla Settimana della critica di Venezia con giusta ragione visto che tocca diverse tematiche interessanti. Anzitutto ci fa ri-scoprire (ai più giovani o ai meno giovani) un regista interessante e coraggioso come Gaisseau. Inoltre, ci immerge in una realtà molto lontana dalla nostra e che ha conosciuto un’evoluzione forse ai più sorprendente. I Kuna sono diventati un popolo moderno, con i suoi pregi e i difetti che questo concetto implica. In terzo luogo, Peyrot è bravo a decostruire, ma non a demolire, un documento storico prezioso e raro. Altro aspetto che va sottolineato è quello relativo all’invecchiamento. I protagonisti raccontano l’esperienza del 1975 con gli occhi di oggi e circondati dai figli e dai nipoti. C’è molto movimento e molta vita nel film di Peyrot e soprattutto nella scena finale nella quale si filma la festa che precede la proiezione della pellicola ritrovata e restaurata.
Il titolo del documentario è un omaggio a quello che si dice a un certo punto nella testimonianza del 1975: la società Kuna è fondata sul matriarcato, sono le donne le vere padrone di quel gruppo sociale. Probabilmente non era del tutto vero, probabilmente anche Gaisseau, così come in altre parti, aveva forzato un po’ la mano, aveva disegnato un mondo che non corrispondeva del tutto alla realtà vissuta da quel gruppo. Ma va bene comunque così, incuriosisce parecchio, nel 2023, scoprire e capire come si poteva realizzare con cura e attenzione un documentario vivendo con gli indigeni nel 1975. Una cura che incanta tutto un popolo, nella proiezione finale all’aperto, dei Kuna.