Birmania, la cronaca della complessità dei rapporti umani raccolta dagli occhi di un bimbo. Un racconto semplice quello del regista Aung Phyoe. Un racconto delicato e forte al tempo stesso che sa dare attraverso i gesti, gli sguardi e le dinamiche stesse di una cultura un messaggio universale che potrebbe essere trasposto ovunque e sempre.

Osserviamo Yangon 1998. Ma potremmo facilmente immaginare New York. Roma. Londra. Cambierebbero i toni ma non gli sguardi. Non le relazioni tra gli attori in campo.

Una bella costruzione fatta di equilibri, microfratture, sottotracce.