Sì, oltre alle prime mondiali, internazionali e nazionali Locarno72, nella sua retrospettiva, quest’anno ci ha portato Pier Paolo Pasolini.
Non solo, ci ha consegnato immagini di un film mai realizzato su cui l’autore ha, come solo lui è in grado di fare, intrecciato un’autocritica sottile ed importante.
Critica che vuole costruire un dialogo fra la tragedia greca di Eschilo e la vita dell’Africa fra tradizioni tribali e tendenza all’occidentalizzazione.
Nel continente, Pasolini raccoglie gli Appunti per un’Orestiade africana (1970), cercando luoghi, personaggi e narrazioni a comporre il suo film-desiderio, ricerca in immagini composta da domande ed attese; non è un viaggio solitario né tantomeno universale: l’autore interpella infatti alcuni studenti universitari africani presenti in Italia, ai quali l’autore si rivolge chiedendo contrappunti al proprio discorso, trovando scontri e incontri costruttivi ed ipotizzando un accompagnamento sulle note di una musica jazz straziante e di una lettura cantata della tragedia.
Il cinema nell’atto di farlo, un modo e un approccio più che mai singolare e dedicato alla ricerca che precede qualsiasi racconto. Nella costanza della propria voce, Pier Paolo Pasolini si pone e ci mostra come i grandi maestri sanno fare, potendo noi così lasciare la sala con qualche strumento in più per interrogare il mondo.