Il concorso principale è iniziato con un film sudamericano intitolato A Febre, della debuttante brasiliana Maya Da-Rin. Una produzione sicuramente interessante e che approfondisce – in modo strutturato e con uno stile solido e raro per un’esordiente – una vita di un nativo dell’Amazzonia che per guadagnarsi da vivere è impiegato come guardiano del porto di Manaus. Un personaggio diviso tra il passato (le sue origini e il richiamo della sua terra che viene esplicitato in diversi modi e attraverso per esempio la figura del fratello), e il futuro, rappresentato dalla figlia che ha ottenuto una borsa per studiare medicina nella lontana Brasilia. Con uno stile asciutto, rigoroso, molto attento ai ritmi della vita quotidiana, il film riesce a immergerci nel piccolo grande universo di quest’uomo. Il tutto è completato da una costruzione dell’immagine curata nei minimi dettagli e che sovente gioca sulla profondità di campo grazie alla divisione dello schermo in due parti: una con personaggi in primo piano e l’altra che invece fa da sfondo. È un film costruito anche sulla ripetizione dei gesti, dove un evento imprevisto (la malattia dell’uomo o la prevista partenza della figlia), oltre che cambiare il corso di questo meccanismo circolare, è carico di significato. È un film da festival e quindi il ritmo è quello che ci si potrebbe attendere, ma in questo caso – e non è sempre così – anche l’andamento lento è funzionale alla storia e lo spettatore ne riconosce la valenza