Di motivi per vedere o rivedere un vecchio film ce ne sono molti. I film sono una testimonianza di un’epoca, incorporano elementi caratteristici della società alla quale appartengono e sulla quale riflettono. Si tratta, dunque, di una doppia riflessione: da una parte il film riflette la società nel senso che ne è il riflesso, restituisce un’immagine della società perché ne fa parte, è il prodotto di un’epoca, di determinate condizioni storico-culturali, di un particolare clima politico, economico, morale e estetico. D’altra parte, il film è anche un esercizio di riflessione, è un discorso – che si avvale del linguaggio audiovisivo – sulla società, di cui elabora una messa in forma che ci restituisce qualcosa che va al di là del semplice riflesso speculare.
Purtuttavia, sarebbe semplicistico pensare che il margine di manovra per fare di un film una riflessione e, perché no, una critica della società, non sia condizionato da una serie di fattori quali la censura, le norme della decenza e della morale, i codici estetici che definiscono lo spazio del possibile e del pensabile cinematografico, e altri fattori che vanno, complessivamente, dal divieto esplicito (la censura) alle norme che regolano un gusto estetico per molti versi implicito e interiorizzato. La storia del cinema è anche la storia del limite fra ciò che si può vedere e ciò che è meglio non far vedere, confine che viene periodicamente rinegoziato in funzione delle esigenze dell’epoca. Altrimenti, il fenomeno della trasgressione non funzionerebbe, e non succederebbe neppure che ciò che un tempo veniva percepito come scandaloso, oggi non desti più grande sconcerto: ogni trasgressione è figlia della propria epoca.
Se riguardiamo i vecchi film di Hollywood, quelli degli anni ’30, ’40 e ’50, ci accorgiamo che il cinema, all’epoca, privilegiava certi generi e canoni che non sono per forza quelli che vanno per la maggiore oggi: tuttavia, la comicità brillante, i ritmi e le atmosfere cupe dei polizieschi e dei noir, l’intreccio romantico delle commedie, o i capovolgimenti di fronte funzionano altrettanto bene anche oggi. Analogamente, la predilezione per l’happy end, e un certo moralismo di cui il cinema dell’epoca è profondamente intriso, non ci indispongono, tutt’altro: ne assecondiamo felicemente lo spirito edificante, come del resto abbiamo sempre fatto, e continuiamo a fare, con una quantità di prodotti e esperienze culturali. In questo senso, la dimensione formale dei film, la vocazione edificante di molta produzione dell’epoca, e l’imperativo dell’intrattenimento, tendono a inibire la possibilità di restituire, nella forma e nei contenuti, una critica sociale apertamente espressa.