C’è Maik, un ragazzo berlinese di 14 anni emarginato dai compagni, con una madre alcolizzata e un padre assente. E poi c’è Tschick, un giovane immigrato russo che arriva nella sua classe e col quale fa amicizia. Un giorno Tschick decide di rubare una Lada Niva blu e di presentarsi a casa dell’amico. Così i due decidono di intraprendere un viaggio, per andare a trovare il nonno di Tschick. L’auto rubata è vecchia e ha solo il mangiacassette e una cassetta di Richard Clayderman. Una musica che li accompagnerà per tutto il percorso, cadenzando gli episodi di quel viaggio.
Un film di formazione, un tipico percorso che li farà crescere e diventare più autonomi e liberi. Piacevole, scorrevole, a tratti anche notevole. Si sente la gioia e il divertimento dei ragazzi e la buona mano del regista Fatih Akin già noto alle nostre latitudini per il Pardo di bronzo al Festival di Locarno nel 1997 con il suo primo lungometraggio. Ma è con La sposa turca che acquisisce fama e notorietà.
Una bella prova anche dai giovani attori e siamo sicuri che molti dei ragazzi che hanno riempito l’Espocentro di Bellinzona hanno apprezzato e forse, qualcuno, si è anche riconosciuto nei due protagonisti. Le risate e i commenti che abbiamo sentito ce lo hanno confermato.
Piccolo appunto, in chiusura, ci permettiamo di farlo. L’indugiare della macchina da presa sulle ferite, i primi piani sul sangue presenti in un paio di scene (sì è vero che i ragazzi alla tv vedono ben altre cose, ma non fa nulla), era forse evitabile. Il risultato e il messaggio non sarebbero cambiati, anzi probabilmente il film sarebbe stato anche più piacevole.