Il film è ambientato quasi interamente all’interno di una scuola. E questo è il primo aspetto che emerge da The Tachers’ Lounge, presentato al festival di Berlino in questi giorni nella sezione Panorama. Il secondo tratto distintivo è la caratterizzazione dell’attrice principale: ci troviamo davanti a una docente di matematica e ginnastica idealista, cocciuta, ma anche fragile e umana. Un bel personaggio che ha il viso inconfondibile di Leonie Benesch.
In breve, ecco la trama. Carla Nowak è un’insegnante appassionata, e inizia un nuovo anno scolastico in una nuova scuola superiore. La sua passione subisce una frenata quando una serie di furti scombussola la scuola e uno dei suoi studenti ne viene sospettato. Lei decide di andare a fondo della faccenda da sola, cercando di mediare tra gli indignati genitori, i colleghi supponenti e gli studenti aggressivi. E più cerca di trovare la verità e più si avvicina a una sua rottura psicologica.
L’intreccio si complica quando Carla capisce – attraverso la videocamera del suo PC – che a rubare non è stato l’allievo, ma una dipendente della scuola. Ecco, in quel preciso momento c’è una svolta decisa e l’ambiente gli diventa sempre più ostile.
Il regista Ilker Çatak (classe 1984) ha voluto lavorare sull’unità spaziale, disegnando, grazie alla camera a spalla che segue Carla nei vari corridoi e nelle aule dell’istituto, un microcosmo molto interessante. È lo stesso regista, in un’intervista, a spiegarlo. “La scuola è un buon campo da gioco perché mostra, in piccolo, che cosa è la nostra società. È un modello esemplare: c’è la direzione che è come il governo, i ministri sono il consiglio dei docenti, un organo di stampa che è il giornalino scolastico e il popolo che è rappresentato dagli allievi”. In altre parole, è una metafora della società con tutti i suoi pregi e soprattutto i difetti.
A livello tematico è indubbio che The Taechers’ Lounge tocchi la questione della giustizia e della ricerca della verità. “È un aspetto centrale per me” dice ancora il regista. “Soprattutto è fondamentale mostrare come si arriva a credere nella verità e come si pone anche la questione di ciò in cui si crede. Il ragazzo vuole credere in sua madre, vuole credere nella giustizia che a volte può anche far male. Fake news, cancellazione della cultura o, ad esempio, il bisogno di ogni società di avere un capro espiatorio – questi sono ulteriori temi che ho cercato di sviluppare nel film”.
È un’opera interessante e che riesce a trattenere incollato lo spettatore allo schermo. Sicuramente l’indagine aiuta molto in questo, ma anche la convincente recitazione della protagonista e di tutto il cast aiuta a immergersi in un mondo che, più o meno, ci è famigliare e nel quale comprendiamo i meccanismi e le dinamiche interne. Proprio come uno Stato.