Pamela Anderson è stata una delle icone più riconoscibili degli anni ’90. Il suo volto e la sua silhouette sono stati per anni il simbolo della cultura pop di quel decennio, quando Baywatch dominava la televisione e riempiva di poster le camerette degli adolescenti. La serie non era solo intrattenimento: rappresentava un’idea di spensieratezza, di sogno americano, di corpi scolpiti in costumi rossi che correvano sulla sabbia dorata della California. Anderson, in quegli anni, era ovunque.
Anche se la sua carriera non si è mai fermata, con ruoli in film e serie televisive, negli ultimi tempi il suo nome sembrava relegato più al gossip che al cinema. Con The Last Showgirl, diretto da Gia Coppola (nipote del celebre Francis Ford Coppola), l’attrice torna con un ruolo che sembra cucito su di lei, portando sullo schermo una storia di caduta e riscatto che riecheggia, in molti modi, la sua stessa vita. Il film arriverà nelle nostre il 3 aprile.
The Last Showgirl racconta la storia di Shelly (la stessa Anderson), una showgirl di Las Vegas che da trent’anni si esibisce ogni sera nel cabaret Razzle Dazzle, l’ultimo spettacolo del suo genere nella città del peccato. Per Shelly, il palco è casa, il suo mondo è fatto di lustrini, costumi sgargianti e una compagnia di ballerine che considera una vera famiglia. Ma tutto cambia quando il teatro annuncia la chiusura dello show.
Improvvisamente, Shelly si trova a fare i conti con un futuro incerto. Accanto a lei c’è Annette (Jamie Lee Curtis), la sua migliore amica e confidente, una cameriera che conosce bene la fatica di reinventarsi. Nei giorni che precedono l’ultima esibizione, Shelly cerca di dare un senso al proprio passato, provando a recuperare il rapporto con la figlia ormai adulta e a fare pace con un amore che non è mai riuscita a dimenticare.
C’è un’aria di déjà-vu in questa storia. Il cinema ha spesso raccontato il declino di figure iconiche dello spettacolo, da Viale del tramonto a The Wrestler, fino al recente The Substance. The Last Showgirl si inserisce in questa tradizione, ma con una sfumatura più intima e nostalgica, senza eccessi drammatici, ma con un’attenzione particolare alle emozioni della protagonista.
Ciò che rende il film speciale è la sovrapposizione tra il personaggio di Shelly e l’esperienza reale di Pamela Anderson. Come Shelly, anche Anderson ha conosciuto la gloria e poi il lento declino, finendo per essere spesso ridotta a un simbolo del passato. Qui, però, dimostra di essere un’attrice capace di emozionare, portando sullo schermo una performance intensa e sentita. Lo ha detto lei stessa in un’intervista: “Non avrei mai potuto interpretare questo personaggio se non avessi avuto la vita che ho avuto. E non potrei nemmeno guardarmi indietro col senno di poi e pensare alle cose che avrei potuto fare in modo diverso se non avessi avuto l’esperienza di vita che mi ha portato dove sono”.
Jamie Lee Curtis interpreta Annette con una combinazione perfetta di ironia e malinconia. Il suo personaggio è quello di una donna che, come Shelly, si è trovata più volte a ricominciare, e la sua presenza dona al film una profondità emotiva che va oltre il semplice rapporto di amicizia tra le due protagoniste.
Anche i personaggi più giovani sono ben scritti: le ballerine Jodie (Kiernan Shipka) e Mary-Anne (Brenda Song) offrono un contrasto generazionale interessante. Inizialmente ammirano Shelly come una figura materna, ma nel corso della storia i ruoli si capovolgono, mostrando il passaggio del testimone da una generazione all’altra.
Forse il punto più debole della sceneggiatura è il rapporto tra Shelly e la figlia, che rimane irrisolto e poco approfondito. Lo stesso vale per il suo ex compagno, un personaggio che avrebbe potuto essere più sviluppato per aggiungere ulteriore complessità alla protagonista.
Oltre alla storia personale di Shelly, The Last Showgirl è anche un omaggio a una Las Vegas che non forse esiste più: quella luccicante degli anni ’90, in cui tutto sembrava possibile. È la stessa città che, nel cinema, ci ha mostrato Julia Roberts trasformarsi in una regina in Pretty Woman, un mondo patinato che oggi appare un’illusione sbiadita. Questo contrasto tra passato e presente è ben evidenziato dalla fotografia del film, che alterna il bagliore artificiale della Strip ai momenti più intimi e realistici della protagonista.
La regia di Gia Coppola è essenziale ma efficace, con molte riprese a spalla che seguono Pamela Anderson nei suoi momenti di solitudine, enfatizzando la vulnerabilità del personaggio. Il budget contenuto (circa 5 milioni di dollari) non penalizza il film, anzi, lo avvicina a opere recenti del cinema indipendente americano come Anora di Sean Baker, dimostrando che non servono grandi mezzi per raccontare storie autentiche e toccanti.
The Last Showgirl è un film che parla di sogni spezzati, di resilienza e di donne che affrontano il cambiamento con coraggio. Ma soprattutto, è un film che segna la rinascita artistica di Pamela Anderson, non più solo un’icona del passato, ma un’attrice capace di lasciare ancora – forse anche solo per un momento – il segno.