L’atto è politico, così come lo è stato l’invito al presidente ucraino. Stiamo parlando di far aprire il concorso principale al film russo Tchaikovsky’s Wife di Kirill Serebrennikov, uno dei dissidenti più noti e condannato in patria per appropriazione indebita ai danni del Ministero della cultura.

Il film è tra i favoriti alla palma, vuoi per quello che rappresenta a livello politico il regista, vuoi per la qualità che è comunque buona.

Siamo nella Russia del 19esimo secolo e Antonina Miliukova, giovane e brillante ragazza di buona famiglia sposa il compositore Piotr Tchaïkovski. Ma l’amore che lei ha non è ricambiato dall’artista e ben presto questo sentimento si trasforma in una vera e propria ossessione. Consumata dai suoi sentimenti la giovane accetta di tutto pur di restare vicina a lui, ma senza riuscirci davvero.

È un’opera che concentra molte delle inquadrature sul viso, sulle mani e sul corpo della ragazza, una brava e convincente Alyona Mikhailova, conosciuta in patria, ma non ancora in Occidente. Ci sono dei momenti molto intensi (a dispetto dei 143 minuti) che valgono la visione e chissà, magari anche un premio.

Il film inizia con la morte del compositore e gradualmente torna indietro, nei momenti cruciali in cui l’amore e poi l’ossessione della donna si sono sviluppati. Il tutto con grande eleganza formale, dove i movimenti di macchina sono dolci e fluidi e i tagli molti rari; spesso e volentieri il regista predilige il piano-sequenza per uniformare la scena e renderla il più reale possibile dal punto di vista spazio-temporale. Superflue alcune scene dal tratto onirico che nulla danno alla storia e anzi, l’appesantiscono anche un poco. Mi riferisco per esempio a quando la protagonista è contorniata da alcuni uomini nudi, o quando si lascia ammirare dall’amante moribondo mentre si masturba.

E come ha detto lo stesso regista durante la conferenza stampa: “mi interessano le storie importanti e i personaggi forti e quella di Tchaikovsky è sicuramente una di quelle che sono sicuro resisteranno nella storia. Volevo fare un film forte, di quelli che parlano anche di me, di noi e della nostra epoca e ho pensato di metterlo in scena attraversando la storia e le sue diverse epoche”. Durante l’incontro con i media il regista russo ha risposto a molte domande sul conflitto in corso e in particolare ha detto di comprendere il boicottaggio occidentale verso la Russia in quanto Nazione, ma di non essere d’accordo con i veti culturali perché così facendo si mina la libertà. “Trovo insopportabile boicottare la cultura russa perché da sempre è stata contro la guerra e contro il sistema militare: da sempre cultura e guerra sono termini antagonisti”.