Anna e Cristi, due donne all’apparenza diverse, ma che in fondo si assomigliano molto. Anna è in conflitto con sé stessa e la propria famiglia e affronta in solitudine la sua malattia; Cristi fugge da una guerra che la tiene lontana da casa. Tutti consigliano ad Anna di seguire il suo compagno in un lontano viaggio di lavoro e a Cristi di restare al sicuro in Italia. Ma le strade, una volta incrociate, le porteranno a scegliere con la propria testa.

È un film molto interessante, accattivante e originale quello presentato nelle Giornate degli autori a Venezia. Un’opera di Ciro De Caro da elogiare per stile (è girato quasi tutto con camera a spalla) e per interpretazione (brave le due protagoniste Rosa Palasciano e l’ucraina Yeva Sai). A livello formale, il nervosismo delle immagini in movimento che seguono le due donne è adeguato al loro stato d’animo. Sono infatti alla perenne ricerca di un posto nel mondo, di una relazione stabile e di un affetto sincero e concreto.

Anche il ritmo interno alla pellicola è interessante perché non punta mai sulla drammatizzazione, non enfatizza le scene, ma porta avanti la conoscenza di minuto in minuto e l’approfondisce. Un po’ come fa Sofia Coppola nei suoi film, senza scene madri, senza musica che enfatizzi i momenti topici. Qui tutto avanza per volere delle protagoniste e sotto il loro impulso.

La vicenda ha anche un motore narrativo che si chiama Anna, la donna italiana. È infatti lei che, con i suoi modi impacciati, timidi ma alla fine anche decisi, si avvicina alla più giovane e spaesata Cristi. È lei che la invita a una festa, che la porta al mare, che si autoinvita alla festa di compleanno e che le parla per prima alla fermata del bus. Ecco, anche il bus ha la sua importanza. È alla fermata che si conoscono le due donne, è lì che si svolge parte dei primi incontri ed è sempre il bus a segnare la vita delle due alla fine.

È un film sulla conoscenza, sull’avvicinamento di due solitudini e soprattutto sulla ricerca di una felicità che da soli fanno fatica a trovare. Ed è anche un modo di cercare qualcosa d’altro per lo stesso regista. “La realizzazione di questo film mi ha dato l’opportunità di continuare a esplorare un linguaggio cinematografico che è allo stesso tempo rigoroso e libero. È la storia di un breve e intenso incontro che ho cercato di raccontare testimone silenzioso. Osservando queste donne, ho cercato di catturare qualcosa di intimo e reale, in un’immagine cruda e non giudicante ma con una prospettiva estremamente personale”, evidenzia lo stesso regista.