Il secondo film in competizione ci trasporta indietro nel tempo: siamo nell’estate del 1990, in Cile. Ci troviamo dentro una piccola comunità isolata ai piedi delle Ande e un gruppo di famiglie vive con l’utopia di costruire un nuovo mondo. È in questo contesto che la regista Dominga Sotomayor ha creato una vicenda che ha anche un sottofondo politico. Siamo infatti alla fine della dittatura di Pinochet e il desiderio di libertà è molto forte. La cineasta segue soprattutto le vicende di un’adolescente: Sofia, la quale oltre ad essere alle prese con vari problemi legati all’età deve far fronte anche a questa particolare situazione ambientale.

L’idea, che per certi versi soprattutto per l’ambientazione isolata ci ha ricordato il recente Lazzaro Felice, è sviluppata bene formalmente. La regista sa come costruire le immagini. Ha un’idea precisa di come far passare alcuni messaggi legati al disagio della ragazza. Ma il tutto è tirato troppo per le lunghe, facendo perdere allo spettatore la naturale tensione che dovrebbe incollarlo alla poltroncina della sala. Troppe volte abbiamo guardato l’orologio e troppe volte ci siamo annoiati. Peccato perché sia per la cura nella costruzione delle inquadrature, sia per alcune scene chiave (Eternal Flame cantata dalla ragazza con la fisarmonica è davvero struggente) meritava di più.