La cineasta malese Ming Jin Woo (che nel 2006 era stata a Locarno nella sezione Open Doos) torna sul Verbano nel concorso principale con un film strano, ineguale, colorato, fantasioso e magico. Stone Turle pesca da diversi generi e ne fa un’opera curiosa. Se riesci a entrare in questo racconto e a farti guidare dalla regista l’opera riesce a catturarti. Il film salta in modo inaspettato e continuo dalla fiaba alla realtà e racconta di Zahara, la misteriosa protagonista, che vive con la piccola Nika su un’isola quasi deserta, dove arriva un ricercatore che vuole recuperare le uova di una tartaruga in via d’estinzione. Un incontro che modificherà tutti gli equilibri; quelli dell’isola, dei rapporti umani e con il mondo circostante.
Asmara Abigail, la protagonista, è molto bella e ha un viso difficile da dimenticare, Inoltre, il suo continuo spaziare tra rabbia e tenerezza le dà un carattere molto forte e altrettanto delicato che ti rimane in testa anche dopo la proiezione.
Sono molti i temi toccati (forse troppi) dall’emancipazione femminile, alla scolarizzazione di quel territorio passando per la questione identitaria a quella dell’emigrazione. Tutti trattati con uno stile lontano dal realismo che di solito accompagna le questioni sociali. No, qui siamo immersi in un’atmosfera magica e quasi onirica che gira in tondo, quasi fosse un gioco che si ripete di continuo senza via d’uscita. O forse, è proprio questo andamento ciclico, di eterno ritorno, che deve essere usato come chiave per comprendere un film complesso e non per tutti.