Le 54esime Giornate di Soletta, vetrina del cinema nazionale, si terranno dal 24 al 31 gennaio del 2019. Proprio oggi si è tenuta la conferenza stampa di presentazione dell’evento. Ne abbiamo approfittato per parlarne con la direttrice della rassegna Seraina Rohrer.

Quali saranno i temi forti di questa edizione?

Vedo un filo rosso che lega diverse produzioni. Quest’anno credo che i cineasti elvetici si siano posti le domandi importanti sul senso della nostra esistenza. Trovo sia piuttosto particolare questa ricerca di senso e credo sia una tendenza in atto nella nostra società che si riflette molto bene sui film svizzeri. Produzioni che si concentrano sull’oggi, ma che guardano anche al futuro della nostra società.

Come mai questo ritorno a una dimensione spirituale?

Difficile trovare una spiegazione anche perché è il primo anno che lo notiamo. Ma credo che il cinema odierno cerchi comunque la riflessione. E gli spettatori desiderino prendersi una pausa da una società frenetica come la nostra. Non dimentichiamo che un film dura circa 90 minuti e in questo lasso di tempo c’è lo spazio per porre domande e per mettere sul tavolo riflessioni più articolate e profonde. Il cinema ha questo vantaggio che può prendersi il tempo per sviluppare dei ragionamenti.

In che modo sarà presente la Svizzera italiana a Soletta?

In maniera importante. Abbiamo, per esempio, un film molto interessante intitolato Barbara adesso di Alessandra Gavin-Müller, una ticinese che con questa opera riflette sul ruolo di una madre che non sente l’istinto materno e cerca il suo ruolo nella società. Mostreremo anche Cronofobia dove due persone sole  cercano sostegno l’uno nell’altra. Un altro film da segnalare è il documentario di Nicolò Castelli su Lara Gut oltre a diverse coproduzioni minoritarie. Segnalo per esempio Lazzaro Felice e Figlia Mia che hanno percorso un viaggio importante nei vari festival internazionali. Ma non voglio scordare un bellissimo documentario intitolato “Libellula gentile, Fabio Pusterla, il lavoro del poeta” sulla figura di Fabio Pusterla. Questo film mostra come il poeta lavora con i ragazzi e come cerca la bellezza nel linguaggio: davvero toccante.

Come mai la scelta di Bruno Todeschini quale personaggio di questa edizione?

Perché lui è un attore molto importante a livello europeo che forse non tutti sanno essere svizzero. Ha lavorato anche con registi elvetici come Rolando Colla e Markus Imhoof per non citarne che due e crediamo che lui rappresenti bene il cinema svizzero che ha successo anche all’estero. Gli rendiamo omaggio a Soletta proiettando alcuni suoi lavori che illustrano la sua grande carriera.

Quest’anno a Soletta c’è anche un po’ di cinema messicano. Ci spiega come mai?

La Svizzera ha di recente stipulato un nuovo contratto di coproduzione con il Messico e noi lo vogliamo lanciare. Si tratta del primo con una regione che non parla una delle nostre lingue nazionali. Finora avevamo contratti con Paesi confinanti o con regioni come il Canada francese o il Belgio. Per i professionisti del cinema nazionale si tratta di una bella opportunità che si apre. Non dimentichiamo che negli ultimi anni, il Messico ha sviluppato un’industrializzazione cinematografica importante e nel recente passato abbiamo già avuto alcuni progetti cofinanziati tra i due Paesi. Ma ora le possibilità aumentano.

Qual è lo stato di salute del cinema nazionale e in particolare del documentario?

La qualità del documentario è ancora alta. Detto ciò mi preoccupa il fatto che nelle sale non ci sia molto pubblico. I documentari funzionano bene quando vengono presentati nei vari festival, ma nelle sale fanno più fatica. Secondo me restano poco tempo e quindi il passaparola non riesce ad attirare la gente nei cinema per vederli. È un problema che si è accentuato con la digitalizzazione. Ora le sale ci mettono un secondo a cambiare la programmazione e se un film non funziona subito, in poco tempo sparisce dalla circolazione.

Qual è il rapporto tra il cinema svizzero e le piattaforme come Netflix?

Non è molto forte. Di recente c’è stata qualche produzione che ha avuto la possibilità di andare su questa piattaforma. Ma in generale occorre una strategia globale per essere presenti non solo su Netflix ma sulle varie piattaforme online. I produttori e i distributori devono essere più decisi nel trovare una via d’accesso a queste importanti realtà. E così difendere il cinema nazionali anche su questi nuovi canali.

 

Foto: Seraina Rohrer (copyright tim x fischer)