Le 58esime Giornate di Soletta (in programma dal 18 al 25 gennaio), la prima edizione sotto la direzione del ticinese Niccolò Castelli, sono state presentate questa mattina.

Fiction pungenti, riflessioni documentaristiche sulla guerra e le questioni generazionali disegnano i contorni tematici di questa edizione. Un programma molto vario sia nella forma sia nei contenuti. Il comitato di selezione ha infatti ricevuto 642 film, e tra questi ne ha scelti 217. “Quest’anno assistiamo a un numero particolarmente elevato di fiction, a un gran numero di film basati su figure femminili forti, e soprattutto su una modalità di narrazione originale e audace”, afferma Castelli.

Il film di apertura “This Kind Of Hope” tematizza la guerra e quindi la lotta per i diritti umani e la democrazia. Il regista svizzero-polacco Pawel Siczek disegna la figura di Andrei Sannikov, ex diplomatico e viceministro degli Esteri bielorusso che abbandonò il suo incarico pubblico per protesta contro Lukashenko. Oggi esiliato, combatte instancabilmente, da diplomatico apolide, in favore di una Bielorussia democratica.

Quest’anno, sette film sono stati selezionati in concorso per il “Prix de Solothurn”, che con un importo di 60.000 franchi, è il più ricco al mondo. Tra i temi trattati dalle opere – cinque documentari e due fiction – possiamo citare la lotta delle donne contro l’oppressione patriarcale, attraverso le generazioni (“Big Little Women”), lo spettro della guerra in Kosovo che sta tornando a perseguitare le giovani generazioni (“The Land Within”), o la questione ambientale, attraverso la minaccia rappresentata dalle specie invasive (“Finché i rami non si piegano”). Quest’anno la giuria è composta dal fumettista Patrick Chappatte, della regista olandese Ineke Smits e dell’autrice e editorialista zurighese Nina Kunz.

Istituito tre anni fa è il premio “Opera Prima”. Le fiction e i documentari in corsa toccano diverse tematiche come il desiderio e il dubbio nella relazione sentimentale (“Amore periferico”); il rapporto tra padre e figlio (“Ridotto”); la speranza in un futuro migliore (“Theory Of Scambio”); i lavori di sminamento (“Gli Sminatori”), e le domande senza risposta (“Preghiere polacche”). Il lavoro di questi giovani autori ruotano attorno alla nozione di relazione, sia essa sociale, intima o politica. Come se, dopo la pandemia, servisse una nuova bussola per guidaci in ciò che ci unisce gli uni agli altri.

Quattro fiction e quattro documentari saranno proiettati nell’ambito del “Prix du Pubblique”, ​​la categoria che assegna al pubblico il ruolo di giuria. La categoria comprende sei film in anteprima, tra cui “I Giacometti”, un film che si chiede perché l’aspro paesaggio della Bregaglia ha visto nascere una dinastia di artisti; “Amine – Held auf Bewährung”, su un richiedente asilo che viene in aiuto dei più indigenti; o “The Mies van der Rohes”, con il ritratto dell’architetto di fama mondiale che esamina il ruolo che hanno avuto sua moglie e sua figlia.

Cuore pulsante del festival, la sezione “Panorama” presenta tutti i cortometraggi e i lunghi film prodotti in Svizzera durante l’anno precedente il festival.

La montatrice Katarina Türler sarà protagonista della sezione Rencontres. È la prima volta che questo aspetto del cinema ha l’onore di essere centrale a Soletta. Türler ha collaborato a una sessantina di film tra cui diversi successi internazionali.

E la Svizzera italiana?

È presente con un buon numero di film. In prima mondiale ci saranno “La mia danza” di Filippo Demarchi (PIC FILM); “La tentazione di esistere” di Fabio Pellegrinelli (Rough Cat); “Papaya 69” de Francesca Reverdito e Riccardo Bernasconi (Pic Film). Mentre “Until Branches Bend” di Sophie Jarvis è coprodotto dalla ticinese Cinédokké.