Un film sui gesuiti, dopo Mission e la sua palma d’oro nel 1986, è un’impresa non da poco. Solo un regista con la pelle dura e abituato a trattare temi religiosi come Martin Scorsese (L’ultima tentazione di Cristo e Kundun per non citarne che due), poteva pensarci e provarci. E così ha fatto. Silence, in uscita in questi giorni nelle sale, è ambientato nel 17esimo secolo e parla di due padri gesuiti portoghesi che partono per il Giappone con lo scopo di di ritrovare padre Ferreira, e radicare nelle isole la fede cristiana. Verranno presto a conoscenza, e ne saranno vittime, delle tremende persecuzioni che lo shogunato applicava ai danni dei convertiti al Cristianesimo.
La scelta di Scorsese di proporre un film su un tema del genere non è casuale. Come ha detto, in un’ampia intervista concessa al Corriere della Sera, lo stesso regista: «Io sono ossessionato dallo spirituale. Sono ossessionato dalla domanda su ciò che siamo. E questo significa guardarci da vicino, guardare il bene e il male di noi. Possiamo nutrire il bene in modo che, a un certo punto futuro nell’evoluzione del genere umano, la violenza, forse, cesserà di esistere? Comunque sia, per il momento, la violenza è qui. È qualcosa che facciamo. Mostrarlo è importante. Così non si fa l’errore di pensare che la violenza sia qualcosa che fanno altri, che fanno le persone violente».
Il progetto è nato una trentina di anni or sono. Quando lo stesso Scorsese lesse il libro di Shusako Endo da cui è tratto il film. Subito dopo ne acquistò i diritti. Siamo agli inizi degli anni 90. «Se guardo indietro, penso che questo lungo processo di gestazione sia diventato un modo di vivere con la storia e di vivere la vita — la mia vita — attorno a essa. Attorno alle idee che erano nel libro» ha detto ancora al Corriere.
Ed è altrettanto interessante che questa pellicola arrivi nelle sale ora. In un periodo storico in cui i temi legati al profugo, al rifugiato, all’altro, siano centrali nel mondo occidentale. Credo si possa guardare anche con questa chiave di lettura questo Silence.