Il corpo di due persone è il vero protagonista di questo film che è nelle sale del Ticino in queste settimane. Ma non è un corpo di una persona “normale”; come dice il titolo è robusto, ansimante, faticoso, spazioso e ingombrante.

Presentato in apertura, fuori concorso, della 60ma Semaine de la Critique del 74° Festival di Cannes, è stato girato da Constance Meyer, al suo primo lungometraggio. Georges (Gerard Depardieu), una star del cinema che ha diversi anni sulle spalle (i riferimenti autobiografici volontari o meno sono evidenti), si ritrova senza l’uomo della sicurezza a cui è abituato e lo vede sostituire dalla giovane Aïssa (Déborah Lukumuena). I due, si conoscono a poco a poco e instaurano un rapporto molto particolare, anche se partendo da situazioni molto distanti: lui è il datore di lavoro e lei l’impiegata, lui ricco e lei di origini modeste. Ad avvicinarli, invece, è il non facile rapporto con il proprio corpo. Soprattutto per la giovane atleta che, per vergogna e insicurezza, fa la doccia per ultima e da sola in palestra.

Lei usa il corpo, oltre che per proteggere l’attore, anche per sport e per l’amore. È una lottatrice e ha una relazione saltuaria con un uomo il quale, tuttavia, non ricambia il sentimento amoroso che lei nutre.

Georges usa il corpo per recitare, ma ne è anche vittima. Tanto che più di una volta tenta di fuggire sulla sua moto dalle responsabilità, dal set e, in sostanza, dalla propria vita.

Il film è piacevole e interessante e l’attenzione dello spettatore cresce di minuto in minuto così come aumenta il feeling tra i due personaggi, in una narrazione lineare e comprensibile a tutti. L’opera, alla fine, risulta però un poco statica e le scene si susseguono in modo un po’ frammentato ed è questo, forse, l’unico difetto di un film che si basa soprattutto sull’interpretazione di Depardieu, della giovane attrice e soprattutto sul linguaggio dei loro corpi.