Lukas Marxt è un artista e regista che, nei suoi lavori, che siano essi su carta, su pellicola o su altri supporti, affronta ciò che sta ai confini ed agli estremi del pensiero e dell’inconscio.

Per farlo, sceglie spesso ambientazioni fisiche e mentali che vadano proprio nel senso di una vastità e complessità anche difficile da catturare da uno sguardo esterno, interagendo lui con tematiche complesse e poco classificabili.

Così è accaduto con il suo ultimo film, Ralfs Farben (fotografia di Lukas Marxt e Michael Petri). I colori sono per l’appunto quelli di Ralf, e sono colori del tutto interiori. Ralf è un uomo schizofrenico che vive in completa solitudine nei paesaggi semi-desertici di Lanzarote, dove il regista ha incontrato questo suo protagonista mentre alle prese con un suo precedente film.

Le inquadrature sono veri e propri quadri, affreschi di un inquietudine e di una vita passata a scavare nei pensieri in ripetizione, in loop costanti, con occhi sempre rivolti a ciò che definiremmo assurdo e che, forse per questo, fa suscitare ilarità a qualche spettatore in sala.

Quadri, appunto, con la voce e i discorsi confusionari – ma fino a un certo punto – di Ralf che accompagnano le immagini. Non manca il rapporto fra protagonista e regista, anche se si tratta di un rapporto non sigillato, che si perde e si slega costantemente proprio per una tendenza del protagonista a lasciare in volo questo pianeta con le proprie parole, che spesso vanno a riprendere argomenti forse lontani dalla razionalità ma da qualche parte legati fra loro.

Trovo che questa voce e questo film siano il modo in cui l’autore tenta di tenere a sé Ralf, e la forma dei discorsi riflette in grande misura la scelta registica, frammentata e senza limiti.

Anche in questa occasione, dunque, la sezione Moving Ahead dimostra quello per cui è nata: lasciare spazio alla sperimentazione nel mondo del cinema ed accogliere avanguardie.