Scritto da Enrico Cehovin in collaborazione con https://lumiereeisuoifratelli.com/

 

Si apre con un’immagine di Reiner Werner Fassbinder che fa da sfondo ai titoli di testa Peter Von Kant, il nuovo film di François Ozon presentato in concorso e scelto come film d’apertura alla 72ª Berlinale. È una foto che ritrae il regista tedesco trasformata in disegno. È già una dichiarazione d’intenti quella di Ozon, un manifesto della sua operazione, ma non è così immediato coglierla fin dall’inizio.

Ozon, che aveva già lavorato su sceneggiatura di Fassbinder adattando per il cinema nel 2000 il testo teatrale Gocce d’acqua su pietre roventi, qui mette mano al capolavoro del regista tedesco Le lacrime amare di Petra Von Kant rimaneggiandolo molto liberamente. Laddove lo svolgimento narrativo è grossomodo lo stesso, Ozon vira in questo suo adattamento il film al maschile. 

Peter è un famoso regista tedesco che vive da solo con Karl, assistente che non proferisce parola e accetta impassibilmente i costanti maltrattamenti di Peter. Un giorno Sidonie, l’attrice prediletta di Peter, gli presenta Amir, un ventenne mulatto di cui Peter si invaghisce e che ben presto conquista e trasforma nel suo prediletto.

Peter dunque, diversamente da Petra che è una stilista, è un regista e le sue fattezze fisiche ricordano molto da vicino le caratteristiche fisiche dello stesso Fassbinder.

L’operazione geniale mossa da Ozon è quella di fingere il remake, l’adattamento al maschile, per mettere in scena una sorta di biografia del regista tedesco; o meglio, inserisce la sua idea di Fassbinder in un mondo, una storia creati da Fassbinder stesso.

I riferimenti al cinema del regista tedesco non si contano e si manifestano sotto ogni forma: la locandina di uno dei film diretti da Peter La morte è più calda dell’amore, che riprende il titolo di Fassbinder L’amore è più freddo della morte, lo storpia ma nella sostanza lo mantiene inalterato; il personaggio di Amir, che per fattezze fisiche ricorda l’Alì de La paura mangia l’anima e che dopo il primo amplesso viene inquadrato sdraiato sul letto a fianco di Peter proprio come veniva inquadrata Maria Braun nello stesso frangente a fianco del soldato di colore Bill; la presenza stessa di Hanna Schygulla, a cui viene affidato niente meno che il ruolo della madre di Peter; Isabelle Adjani che incarna una summa della musa fassbinderiana essendo al tempo stesso tutte e nessuna. Solo per citarne alcuni. Forse il più importante si può intravedere quasi alla fine del film, quando Karl sta preparando il montato del provino. Il fotogramma visibile sullo schermo della moviola è tratto da Germania in autunno, e ritrae proprio Fassbinder stesso nel celebre episiodio in cui – in tutti i sensi – si espose maggiormente mettendosi letteralmente a nudo in una lunga conversazione telefonica. Ozon crea un corto circuito tra originale e generato, rappresentante e rappresentato, frutto di un’operazione marcatamente personale. L’inserimento dei toni della commedia tipica di Ozon, quella di Potiche, nel melò che in origine non lasciava vie di fuga dal dramma in questa vicenda che è ambientata sì a Colonia, ma gli attori recitano, e di conseguenza i personaggi parlano, volutamente in francese sono ulteriori segni dell’appropriazione che Ozon mette in campo della figura di Fassbinder.

L’operazione di Ozon, che ragiona su e inscena marcatamente l’appropriazione dell’immagine, trova il suo perfetto compimento nell’immagine stessa. Proprio come il suo Peter si appropria dell’immagine di Amir filmandolo con la macchina da presa durante il provino, così Ozon si appropria (del testo e) dell’immagine di Fassbinder, riproponendo sotto forma di film la proiezione mentale che il regista francese ha del suo maestro.

 

Immagine: Berlinale