Clint Eastwood sembra appassionarsi ai gesti eroici. Dopo Sully ecco che arriva Ore 15:17 – Attacco al treno. Ancora una volta prende spunto da un fatto realmente accaduto per trasportarlo sul grande schermo. Ma qui, al contrario del precedente dove il comandante dell’aereo era interpretato da Tom Hanks, utilizza i tre protagonisti reali della vicenda. Persone normali che vengono così trasformati in attori per reinterpretare se stessi.
Siamo nell’estate del 2015, nel bel mezzo degli attacchi terroristici. Poco dopo la partenza del treno veloce da Bruxelles in direzione Parigi, appena giunto in territorio francese, un terrorista di origine marocchina, Ayoub El Khazzani, entra in bagno per sfoderare il suo Kalashnikov e compiere una strage. Per fortuna un difetto nell’arma e soprattutto il pronto intervento di tre marine americani in licenza, riescono a sventare l’attentato. Questi uomini si chiamano: Anthony Sadler, Alex Skarlatos e Spencer Stone e – dopo aver scritto un libro sull’accaduto – sono diventati anche i protagonisti della pellicola.
Come ha detto lo stesso Eastwood in una recente intervista durante la presentazione del film: «Non so cosa faccia di una persona un eroe. È esattamente questo di cui parla il mio film, ciò che è successo a loro poteva succedere a chiunque. Tutti noi ci chiediamo cosa saremmo capaci di fare in una situazione del genere, e spesso non pensi che in realtà non c’è niente he puoi veramente fare, perché il fato gioca una grossa parte in tutto questo. Ed è quello che accade a loro, vengono messi nella posizione di fare qualcosa di veramente importante, anche aiutare l’unica persona ferita dall’attentatore utilizzando le loro nozioni di pronto soccorso. Un sacco di cose sono successe in quel breve lasso di tempo e loro lo hanno affrontato insieme, dimostrando che persone differenti possono fare cose straordinarie».
Un’indagine delle reazioni dell’essere umano di fronte a un evento improvviso e inaspettato. Ma anche una riflessione su che cosa siamo diventati e in che modo si può reagire all’ISIS.
Le 88 primavere che il regista americano porta sulle spalle sembrano non scalfire la potenza e la forza immaginativa del suo cinema. Ancora una volta il ritmo – dato dall’alternanza di flash-back e dalla difficile situazione sul treno – sembra essere una delle carte vincenti della sua opera.
Questa è la 39esima volta che si mette dietro la macchina da presa e pare non sia l’ultima. Ha già in mente di mettere sullo schermo la storia di uno spacciatore 90enne. E questa volta, dopo alcuni film in cui ha fatto solo la regia, ha scelto di tornare anche davanti alla macchina da presa.