Non ho l’età al festival internazionale Visioni dal Mondo
Non ho l’età. Il ritornello che ha commosso una generazione di migranti, è il titolo di un documentario realizzato da Olmo Cerri (giovane regista che vive e lavora in Ticino).
Grazie al successo di Non ho l’età, e della sua interprete, venne a crearsi un vero e proprio fenomeno di massa che aggiunse tonalità ai sogni, alle speranze, e alle aspirazioni di un’intera generazione di italiani; e che infuse un senso di commozione e romanticismo patriottico in coloro che, in quegli anni, dall’Italia emigravano in cerca di lavoro.
In Svizzera, il fenomeno Cinquetti lasciò tracce significative. Molte furono le lettere che in quegli anni centinaia di migranti italiani le indirizzarono da diversi angoli della Confederazione.
E qui comincia un’altra storia, quella che ci racconta Olmo Cerri. È una storia fatta di testimonianze, di memorie, di ricordi: un patrimonio di esperienze condivise da una generazione di italiani che in quegli anni emigrarono in Svizzera, e che il regista, sapientemente, decide di sondare. E lo fa risvegliando, nel presente di quei ricordi, dei preziosi momenti di vita conservati nella memoria; sullo sfondo del nostro presente, raccoglie le testimonianze di coloro che, in quegli anni, prendendo carta e penna, decisero di condividere un po’ della loro vita con Gigliola Cinquetti.
Consegnando, letteralmente, queste lettere nelle mani dei loro legittimi autori, Cerri affida proprio a loro le redini della narrazione, e fa esattamente quello che deve fare: documenta. I ritmi della memoria sono spesso discontinui, e così il documentario ci mostra i movimenti di una narrazione in cui il passato si fa presente, e il presente si fa passato, in uno scorrere di immagini, fotografie, spezzoni di interviste, di evocazioni, di allusioni al presente e di ritorni alla storia. Più la macchina da presa si avvicina, più ci racconta storie particolari, personali, individuali; più si allontana, più ci restituisce il collettivo, le dinamiche generazionali, i fenomeni ciclici, e le storie condivise.
Cerri riesce ad evocare il generale a partire dal particolare: senza farci perdere di vista né l’uno né l’altro.