Molto spesso i film che guardiamo al cinema, alla televisione, o sul nostro computer, sono delle trasposizioni di romanzi più o meno noti. Allora il libro può diventare lo specchio attraverso cui guardare il film, oppure è il film che ci offre la prima cornice a partire da cui risalire e assaporare il romanzo. La letteratura e il cinema sono dei medium diversi, ma complementari. Ed è per questo che le emozioni uniche che ci regala un libro possono magicamente ritrovarsi – intatte seppur diverse – anche nella visione di un film, o viceversa. A volte il fascino di un film può portare alla scoperta di un libro appassionante, altre volte è l’emozione di un libro a spingerci a guardare un film. Partendo dal libro e andando verso il film, in questo numero parleremo di Never Let Me Go (Non lasciarmi), romanzo di Kazuo Ishiguro del 2005 trasposto sul grande schermo da Mark Romanek nel 2010. Un film che non delude le attese, e che si avvale, come vedremo, di un cast d’eccezione.

A un certo punto della carriera di Kazuo Ishiguro, scrittore di origini nipponiche cresciuto in Gran Bretagna, vincitore del Nobel della letteratura nel 2017 e autore, fra gli altri, di Quel che resta del giorno, Gli inconsolabili, Quando eravamo orfani, Non lasciarmi, e Il gigante sepolto, si registra un cambiamento di rotta che incide tanto sull’ambientazione quanto sul piano tematico delle sue opere. Pur mantenendo quella prosa distesa e quell’uso caratteristico di metafore suggestive che da sempre rappresentano la sua cifra stilistica, con il romanzo Never Let Me Go (2005) la narrativa di Ishiguro prende una piega distopica. Per questo, a detta di molti critici, Never Let Me Go si avvicina, in parte, al genere della grande fantascienza distopica a cui appartengono classici come 1984 di George Orwell o Brave New World di Aldous Huxley.

Un doppio filo narrativo
Never Let Me Go si svolge in Gran Bretagna in un momento imprecisato sul finire degli anni ‘90, e racconta di Kathy, Ruth e Tommy, tre giovani che frequentano Hailsham, un collegio esclusivo immerso nella campagna inglese. La quotidianità di Hailsham è ritmata da lezioni di arte, letteratura, attività sportive e ricreative. A rompere il regolare svolgersi delle giornate, ogni tanto da fuori arriva una signora distintamente abbigliata chiamata Madame (si dice che abbia origini francesi) che, dopo attento scrutinio, preleva i più meritevoli lavori artistici degli alunni di Hailsham per arricchire la sua collezione personale. La lettura del romanzo di Ishiguro rivela però un doppio filo narrativo. Pagina dopo pagina si palesa la sensazione che, in mezzo a quell’infaticabile dedicarsi allo sviluppo di sensibilità raffinate – compito affidato a un gruppo di tutori esperti e misurati –, incomba l’ombra lunga di un destino programmato e irrevocabile.

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