È forse il film più forte e potente passato nel concorso principale fino ad ora. Sia per il tema trattato (quello degli abusi sessuali su ragazzini) sia per la cruda testimonianza del protagonista: Menahem Lang. Girato interamente di notte e nei quartieri ultra ortodossi di Tel Aviv, questo documentario di Yolande Zauberman è un vero pugno allo stomaco agli spettatori.

Il protagonista racconta le sue esperienze alla camera e nel contempo cerca di aiutare gli altri ragazzi che hanno subito gli stessi abusi dai rabbini. Gente di cui le famiglie hanno il massimo rispetto e fiducia e che sono quindi intoccabili. Il documentario si addentra pian piano ma con forza in quei racconti e li esplicita, rivelando un mondo sommerso e contrassegnato da mostri impensabili e da leggi permissive. Così come gli amici di Menahem, a poco a poco, prendono coraggio (chi davanti chi nascosto dall’occhio della telecamera) ed escono allo scoperto.

Un documentario coraggioso, girato da una donna laica in un mondo maschile e iper religioso, scandito da un sax malinconico e struggentee e da canti liturgici. A ricordarci che la musica può essere il tramite degli uomini per arrivare a Dio, ma solo a certe condizioni e solo se cantata da persone pure.

Un’ultima cuoriosità: il titolo è un chiaro riferimento a M, il famoso mostro di Fritz Lang, anche in quel caso c’era un uomo violento che abusava di bambini indifesi e che è l’archetipo di ogni film che tratta del tema.