“Mio padre è morto nel 2016 in una opulenta città europea. Non lo conoscevo bene e l’avevo visto solo poche volte in vita mia. Qualcuno mi ha detto che era amico di Antonio Banderas, che conosceva Maradona di persona e che vestiva Prada. Naturalmente, vogliamo sentire solo cose buone sui nostri genitori: per tutti noi è doloroso ammettere i loro fallimenti e trovare nel ripostiglio delle scarpe malandate invece di scarpe Prada. Luxembourg, Luxembourg è la mia dichiarazione d’amore verso di lui, che era perennemente in fuga”, così l’esordiente Antonio Lukich, il regista del film Luxembourg Luxembourg, presentato a Venezia nella sezione Orizzonti.

Infatti, la trama parte da questo fatto autobiografico per svilupparlo. La vicenda segue due gemelli i quali -quando apprendono che il padre, che non vedono da tempo, è malato e si trova in Lussemburgo – decidono di partire per vederlo un’ultima volta. I protagonisti sono Kolya e Vasily e hanno una vita molto diversa tra loro: uno è un agente mentre l’altro un conducente di autobus un po’ rissoso. Uno di loro vuole andare a cercare il padre, mentre l’altro fa di tutto per impedirglielo. Kolya lo considera un eroe, mentre Vasily lo considera un mascalzone. Una doppia visione che percorre tutta l’opera e che riscontriamo anche in un doppio registro: quello comico e quello drammatico. Non mancano, grazie soprattutto alla riuscita colonna sonora e da una grafica originale, i momenti ironici nel film. E, ovviamente, sono presenti anche quelli più duri, drammatici e pure umani. Sì, usci dalla sala, con sentimenti contrastanti, ma quello che emerge maggiormente è di aver vissuto un momento profondamente umano. Grazie a due attori nella parte e a una regia che riesce a trascinarti nei meandri più profondi degli istinti umani.

Il film ha anche una particolarità di non poco conto: è ucraino. In proposito Anna Yatsenko e Volodymyr Yatsenko (i produttori del film) hanno dichiarato alla stampa: “Pochi giorni prima dell’inizio della guerra, abbiamo ricevuto una lettera in cui si diceva che il nostro film era stato selezionato per la Mostra del Cinema di Venezia. È stata una grande gioia, ma dopo il 24 febbraio è sorta la domanda: come finire il film in tempo? Molti hanno lasciato il Paese, alcuni erano al fronte, la squadra è stata letteralmente sparpagliata in tutta l’Ucraina e oltre. Da quando le forze armate ucraine hanno liberato la regione di Kiev, parte della troupe e il regista hanno potuto tornare a Kiev e continuare il proprio lavoro. Ci siamo riusciti ancora e ora abbiamo l’onore di rappresentare l’Ucraina nell’arena del cinema internazionale e potremo parlare della guerra con la Russia con l’aiuto della diplomazia culturale”.