È un film austriaco, ma di austriaco, come ha detto la regista Jessica Hausner in conferenza stampa, questo film ha ben poco. Forse solo un lato legato alla psicologia (del resto Freud era austriaco). Ma per il resto potrebbe essere girato ovunque: “ho volute fare un film adatto a tutti, senza caratterizzarlo in questo senso, ma legandolo al mondo della fiaba” ha affermato. Little Joe, inserito nella competizione principale, è un film di genere. Quale? Difficile dirlo, c’é un po’ di fantastico, un po’ di commedia, un briciolo di thriller e un’innaffiata, come detto, di fiabesco. Il tema è di quelli importanti e alla moda come la manipolazione genetica.
Little Joe è infatti una piantina sulla quale, in laboratorio, si stanno facendo esperimenti particolari. L’idea è quella di trovare la ricetta per la felicità. Una rivoluzione che cambierebbe il modo di vivere delle persone.
Sulla sua efficacia non voglio spoilerare, ma c’è da dire che durante tutto il film la regista ha volutamente lasciato libero sfogo all’ambiguità. “Del resto non ho mai amato i film che hanno una soluzione sola. Mi piace lasciare libertà allo spettatore”, ha detto sempre la regista.
Molti I temi toccata con delicatezza dalla mano di Jessica Hausner come il legame tra madre e figlio, la questione dell’identità e la domanda universale cioè fino a dove è giusto spingerci con la manipolazione genetica. Ma ancora più interessante è la forma usata. Pochi e lenti movimenti di camera, un lavoro minuzioso sui colori (forti, brillanti e antichi) e sugli abiti (che potrebbero essere di un’epoca passata ma anche futura). Anche la scelta della colonna sonora, composta da un giapponese (e si sente), ci porta in un altro mondo, sperimentale e onirico.
Una prova convincente da una regista che – dopo essere stata a Cannes in Un Certain Regard – ha l’onore di essere nella competizione principale.