È emozione allo stato puro Lion. Anche la fotografia e la sceneggiatura, certo, meritano il dovuto rispetto. Ma è soprattutto l’emozione il leitmotiv di questa pellicola di Garth Davis, giovane regista al suo primo lungometraggio. Non per nulla è stato candidato a 6 Oscar e ha vinto diversi premi (soprattutto dal pubblico, quindi anche più apprezzati) in giro per il mondo. Ora lo si può vedere nelle nostre sale.
Lion racconta la storia, tratta da una vicenda realmente accaduta, di Saroo. Il bambino di 4 anni vive in un paesino sperduto dell’India centrale. Per errore sale su un treno che lo porta a Calcutta, duemila km distante dal suo villaggio natale. Sperduto in quella metropoli, senza conoscere la lingua locale e cioè il Bengali, Saroo sopravvive per strada, viene ospitato da gente di malaffare ma riesce comunque a fuggire, per essere notato da un impiegato che parla la sua lingua, l’Hindi e che lo porta ad un commissariato. Viene poi mandato in un orfanotrofio, insieme a una marea di bambini come lui. Per fortuna un assistente sociale trova una famiglia adottiva australiana che se ne prenderà cura.
Il film non finisce qui, ma per non rovinare il finale non aggiungiamo nulla. Un piccolo indizio lo diamo comunque: occorrono molti fazzoletti per asciugare le lacrime.
Gli attori sono noti a cominciare dalla star indiana Dev Patel che interpreta il protagonista da grande e che ricordiamo in The Millionaire di Danny Boyle. Ma segnaliamo la presenza di Nicole Kidman che ha il ruolo della mamma, una parte da antidiva che le sta bene. Intensa pure Rooney Mara (la Lisbeth americana di Uomini che odiano le donne). Ma è soprattutto la naturalezza di un ragazzino, Sunny Pawar (l’interprete di Saroo nella prima parte del film), a mantenere alto il livello qualitativo di Lion. Un’interpretazione che ci ha ricordato i bambini del Neorealismo italiano, quelli di Rossellini e De Sica. Quelli segnati dalla guerra. Una tragedia non molto diversa da quella che vivono i bambini dimenticati, nelle strade di Calcutta.
Appezzamenti li facciamo anche alla colonna sonora, che è stata candidata ai Golden Globe quest’anno. Motivi dolci e drammatici accompagnano la vita di Saroo. E con lui, noi, che per due ore diventiamo spettatori e testimoni delle sue (dis)avventure.