Dirigerà il suo primo Locarno Film Festival dal 7 al 17 agosto. Una sfida impegnativa alla quale si sta già preparando da alcuni mesi. L’abbiamo incontrata per fare il punto della situazione e per cercare di capire come sarà il suo primo festival.
Lei è Lili Hinstin, nata a Parigi nel 1977, è stata produttrice e programmatrice per diverse strutture. Dal 2010 al 2013 ha ricoperto il ruolo di assistente alla direzione del Cinéma du Réel al Centre Pompidou di Parigi. Ha pure diretto e programmato le attività cinematografiche dell’Accademia di Francia a Roma, a Villa Medici, dal 2005 al 2009 e dal 2013 era alla testa artistica del Festival internazionale del film EntreVues Belfor. Sua ultima esperienza prima di approdare sulle rive del Verbano.
Lo scorso 24 agosto era stata presentata al Palacinema dal presidente del CdA Marco Solari. E le sue prime parole, oltre ai ringraziamenti di rito, le aveva indirizzate alla gente: «È il festival col pubblico più generoso e curioso che io conosca». Parole che fanno pensare a una certa attenzione sia verso le produzioni popolari sia a quelle sperimentali. Proprio nella tradizione del festival che abbina la ricerca dei giovani e nuovi autori, alla proiezione in Piazza Grande di film che attirano il grande pubblico. Ma in quell’occasione aveva parlato anche di Netflix e delle piattaforme di streaming online che stanno conoscendo uno sviluppo incredibile. Proprio da questo aspetto siamo partiti per conoscere meglio il suo pensiero.

Direttrice Hinstin, quando è stata presentata al pubblico dal presidente Marco Solari lei aveva parlato di diversità e dei nuovi attori economici come Netflix e Amazon. In che modo intende svilupparli a Locarno?
La diversità è un modo di tener presente e avere in mente un equilibrio tra le moltitudini di stimoli che riceviamo. È ovvio che la Storia del cinema è costituita, a livello di potere simbolico, da uomini bianchi americani. Se penso a un grande regista mi vengono in mente personaggi come John Ford, Howard Hawks ecc. Se penso a una persona che vorrei invitare a Locarno c’è una grande probabilità che sia un uomo, bianco americano. Io vorrei posizionarmi tra la concretezza obbiettiva di una storia fatta in questo modo e comunque costituita da grandi artisti e il resto del mondo. Bisogna anche rompere questo potere simbolico e un grande festival deve essere in prima linea per farlo. E responsabilmente deve proporre vie laterali, sentieri selvaggi. La riflessione, in qualsiasi campo, deve andare oltre l’ovvietà.
Per quanto riguarda i nuovi attori economici mi sono dichiarata disposta a un’apertura verso di loro. Questo non significa che il Locarno Film Festival sceglierà per forza un film da queste piattaforme. È un modo per aprire il festival a tutte le possibilità produttive. Ma vorrei capire anche la politica editoriale di Netflix. Se non è adeguata a quella della nostra rassegna allora lasciamo perdere. Se loro lavorano con un paio di grandi autori, perché così hanno i loro film che si possono candidare per gli Oscar e tutto il resto è a livello di serie tv di basso livello, a noi non interessa. Invece se loro propongono giovani autori che stanno sviluppando un gesto artistico interessante e libero, noi di Locarno siamo felici di proporre un’altra via di distribuzione.

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