Vendetta! Un tema ricorrente in molte tragedie di Shakespeare. Vendetta come diritto. Vendetta come giustizia. Vendetta come equilibrio. Ma in nessuna delle opere del Bardo la vendetta ha un ruolo così centrale e determinante come in Tito Andronico, la sua prima tragedia e forse la più sanguinosa e violenta che abbia scritto.
Considerata da molti per diverso tempo acerba, scritta unicamente per soddisfare le piccole depravazioni del pubblico di bocca buona e fare soldi alla svelta, quest’opera nel corso degli anni si è ritagliata il suo posto al sole all’interno della produzione shakespeariana. Riscoperta come un’introspezione vivida sul concetto di violenza e sulle sue molte forme, giustificate o meno, Tito Andronico può anche essere visto come un precursore del body horror (che vede Cronenberg come suo massimo esponente), dove la mutilazione, lo stupro, la contaminazione della carne, lo smembramento e il cannibalismo acquisiscono un valore meta-fisico, divenenendo rappresentazioni di violenze perpetrate nei confronti di principi saldi come la carne: fede, onore, virtù, dignità.
Inciampare nella facile ostentazione di violenze circensi è quindi fin troppo facile e Julie Taymor con il suo Titus se la gioca fino all’ultimo sul filo di lana. Partendo dall’idea di creare una Roma in sospensione tra il classico e il moderno, la regista spalanca le porte al pop, con costumi e scenografie dal taglio glitter e con un’estetica generale glam-punk infiocchettata con ammiccamenti al fascismo mussoliniano. Uno stile che se da una parte sottolinea con successo le ambiguità ideologico-sessuali di molti personaggi (più di ogni altro il Saturnino di Alan Cumming) creando composizioni di forme e colori di indubbio impatto grafico, dall’altra va a ogni tanto a cozzare con l’esigenza di veder grattata via quella patina in favore di una grettezza maggiore di sottopelle necessaria, che si vede ma non si sente.
Girato sul palcoscenico di CineCittà, con nomi come Anthony Hopkins, Jessica Lange, Harry Lennix e Jonathan Rhys Meyers, la fotografia di Luciano Tovoli, i costumi di Milena Canonero e la scenografia di Dante Ferretti, Titus è un film audace, originale, vivace e gotico che senz’altro val la pena di mettere in cartellone.