Bene, ho il mio Parasite, cioè il mio vincitore di quest’anno. Si tratta di L’Histoire de ma femme di IIdiko Enyedi, già vincitrice a Berlino e che arriva in concorso principale a Cannes per la prima volta (anche se era già stata premiata con la Caméra d’or per il suo primo film).
Ammetto di avere un debole per i melodrammi ben fatti e questo lo è davvero. La vicenda è semplice e lineare e parte da una scommessa. Jacob (l’olandese Gijs Naber), un esperto capitano di navi, un giorno fa una scommessa appunto con un amico in un caffè: sposerà la prima donna che entrerà… ed è in quel momento che entra in scena e nella sua vita la bella Lizzy (Léa Seydoux), una donna stravagante e misteriosa della quale il capitano s’innamora.
Il film è ambientato nel secolo scorso e come dice la stessa regista “è la storia dell’amore un uomo per una donna in sette lezioni. A poco a poco capisce che la vita non è solo comando e controllo, ma è molto più vasta e potente di quello che percepisce”.
Atmosfere calde e piene di candele che mi hanno ricordato Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson, ma anche i capolavori di Visconti come Senso e Il Gattopardo. Tanta eleganza, tanta finezza nei movimenti, nella costruzione della scena e nella costruzione delle inquadrature. Nulla è lasciato al caso, ma tutto è funzionale alla storia d’amore e ai crescenti dubbi del protagonista.
Bravissimi gli interpreti, mai sopra né sotto le righe: con una menzione speciale per il protagonista e ovviamente Léa Seydoux, anche se fanno la loro bella figura Sergio Rubini e Jasmine Trinca.
Colonna sonora potente, avvinghiante e perfetta per accompagnare e sottolineare i vari momenti del film. Anche se la lunghezza (due ore e mezza) può spaventare, alla fine non dà fastidio; anzi è il tempo giusto (ed è questa la critica principale che farò al film di Nanni Moretti) per affezionarsi ai personaggi e alle loro vicende.
P.S. il film è una trasposizione di un romanzo ungherese del 1942
Voto 4.5 su 5