Presentato oggi, nella sezione Orizzonti, nel primo giorno della 78esima Mostra di Venezia, Les Promesses è un film che ha nella sua linearità e nella sua calma apparente uno dei suoi punti di forza.
La pellicola racconta di Clémence (un’asciutta Isabelle Huppert), sindaca di una città vicino a Parigi, che sta completando l’ultimo mandato della sua carriera politica. Insieme al suo fedele braccio destro Yazid (un convincente Reda Kateb), ha combattuto a lungo per la città afflitta da povertà, disoccupazione abitazioni decadenti. Tuttavia, quando le viene offerta la prospettiva di diventare ministro, la sua ambizione prende il sopravvento, facendo vacillare la devozione e l’impegno nei confronti dei suoi cittadini.
È un film senza fronzoli, senza costruzioni barocche o arzigogolate. Quasi asettico come i luoghi (gli uffici ministeriali o municipali) in cui è girato e che si contrappongono al palazzo fatiscente che è l’altro grande protagonista (implicito) del racconto. Les Bernardins – così è denominato l’ecomostro in cui vivono 3mila persone in uno stato al limite della legge – è al centro del dibattito politico: deve o non deve essere ristrutturato con i soldi pubblici? Una delle questioni focali è proprio questa: ed è anche la domanda che si pone Clémence. Sarà proprio questo lo snodo narrativo che farà avanzare il film.
Come ha dichiarato il regista Thomas Kruithof (La meccanica delle ombre): “Ho cominciato a pensare a questa storia alcuni anni fa, dopo le elezioni francesi. Volevo fare un film che mettesse in discussione il coraggio politico. Fortunatamente, dopo che ho iniziato a scrivere la sceneggiatura insieme a Jean-Baptiste Delafon, qualcosa di più sfumato e meno teorico ha cominciato rapidamente a emergere… Le promesse sono la moneta della politica. Che si concretizzino in un posto di lavoro, un sussidio, un’alleanza, le promesse sono ciò che i protagonisti si scambiano in tutto il film”.
E infatti è questo il secondo snodo narrativo che dà il titolo a un’opera che forse non trascina lo spettatore in un turbinio di emozioni, ma che ha il pregio di farlo ragionare e di osservare l’uomo politico sotto un altro punto di vista.