A 92 anni, Edgar Reitz continua a lavorare con l’energia di un giovane regista, e alla Berlinale ha presentato, in una proiezione speciale, il suo ultimo film: Leibniz – Chronicle of a Lost Painting. Un’opera che esplora la figura di Gottfried Wilhelm Leibniz, tra i massimi esponenti del pensiero occidentale, filosofo, matematico, scienziato e molto altro.
Reitz si confronta con l’intellettuale tedesco con uno sguardo limpido e penetrante, concentrandosi su un episodio particolare della sua vita: l’incontro con Sofia Carlotta di Prussia, sua ex allieva. Divenuta regina, Carlotta desidera risposte alle grandi domande dell’esistenza e, per rendere omaggio a Leibniz, commissiona un ritratto che lo raffiguri nel castello di Lietzenburg. Ma le sedute con il pittore si trasformano in accesi dibattiti filosofici: è davvero possibile catturare l’essenza di una persona in un’immagine? Solo l’artista olandese Aaltje van de Meer, con la sua dedizione assoluta, riesce a mettere alla prova la ricerca della verità di Leibniz, aprendogli cuore e anima.
Il film è ambientato quasi interamente negli interni del palazzo, creando un’atmosfera al tempo stesso claustrofobica e intima. L’illuminazione naturale – che proviene dalle grandi finestre, dal fuoco del camino e dalle candele – avvolge lo spettatore in uno spazio ovattato e teatrale, dove il dialogo si fa protagonista. Qui si discute, si filosofeggia e si riflette sul ruolo delle immagini e del gesto artistico. Cos’è vero e cos’è illusorio?
Un’opera densa e stratificata, come lo stesso Reitz sottolinea: “Il mio film racconta una storia in cui quasi tutto è storicamente documentato eppure fittizio. È vero che la regina Sofia Carlotta venerava Leibniz e desiderava la sua vicinanza intellettuale. Il suo amore impossibile si realizza attraverso il ritratto del filosofo, con cui spera di dialogare ogni giorno. Solo concentrandoci su pochi personaggi, uno spazio ristretto e la creazione del dipinto, siamo riusciti a dar vita a Leibniz. Abbiamo imparato che non esiste verità nelle immagini, se non nell’arte stessa”. Una contrapposizione, quella tra verità e finzione, che emerge in un piccolo grande gesto: durante tutto il film Leibniz si togli e si mette la parrucca. Un atto simbolico e significativo dell’intero discorso che fa Edgar Reitz.
Ma Leibniz – Chronicle of a Lost Painting non è solo un film sull’arte. Reitz riflette anche sul cinema stesso: “Ci siamo sempre chiesti: cosa fanno le parole alle immagini e viceversa? La luce, i costumi, la scenografia dialogano con il pensiero di Leibniz. Mai prima d’ora avevo visto una tale gioia di pensare durante le riprese. Abbiamo vissuto il nostro film come un’avventura nello spazio più piccolo. Leibniz, come si è scoperto, si trova tra le righe”. E aggiunge: “Continuo a considerare il cinema la più significativa espressione artistica del nostro tempo. Tuttavia, l’industria cinematografica ha perso di vista il suo potenziale nel plasmare la coscienza del mondo. Nonostante le sue crisi ricorrenti, sostengo con forza che il cinema sia ancora in una fase pionieristica e abbia bisogno di reinventarsi costantemente. Il mio desiderio è che il pubblico accolga Leibniz come un invito a riscoprire il piacere del pensiero—e che la visione del film si trasformi in un’esperienza sensuale del pensare stesso”.
Con questa pellicola, Reitz ci regala un’esperienza cinematografica che è, al tempo stesso, una meditazione sull’immagine, sulla filosofia e sulla natura stessa del pensiero. Un film che conferma Reitz come uno dei maestri del cinema mondiale con un tratto cinematografico chiaro, lucido ed estremamente pulito.