Simpatico e per nulla scontato Le procès du chien dell’attrice e ora anche regista elvetica Laetitia Dosch. Presentato in prima mondiale nella sezione Un Certain Regard ha divertito gli spettatori, ma li ha anche fatti riflettere.
Girato in Romandia (molti esterni a Losanna) il film mette in scena un vero e proprio processo a un cane. Ispirato a un fatto realmente accaduto l’opera cerca di smantellare un sistema giudiziario assurdo e anche un po’ arcaico. Seguiamo da vicino un’avvocatessa (la stessa Dosch) che deve difendere un cane a rischio eutanasia per aver morso una donna sul viso e averla sfigurata. Un processo che avrà risvolte comiche e drammatiche e che coinvolgerà un’intera comunità.
È un film che dice molto dell’oggi, racconta di alcune assurdità legislative (il cane per la legge è trattato come una cosa e non come una persona), ma anche dell’affetto per gli animali e del politicamente corretto (prende in giro anche alcune idee femministe).
Il lavoro sulla forma è apprezzabile, anche se forse non sempre necessario. Alcuni slow-motion, alcune trovate, aiutano a dare un carattere simatico al tutto, ma a volte appaiono troppo forzati.
Ma non c’è solo il processo e il rapporto tra uomo e animali. Il film si occupa, in una delle trame secondarie, anche della violenza familiare di cui è vittima un ragazzino, che abita vicino all’avvocatessa. “L’idea era quella di creare una relazione intensa tra un giovane e una donna che non fosse sua madre. Non ci sono tanti esempi di questo tipo al cinema. Avril diventa un’amica, ma anche un riferimento per questo ragazzo”, evidenzia la stessa regista. E anche in questo senso, seppur, appoggiata su una relazione secondaria, la sensibilità di Laetitia Dosch per più i deboli (gli animali, i bambini) emerge in modo importante.
Un’opera prima da valorizzare per il tono simpatico ma anche drammatico, per il ritmo che non lascia scampo alla noia e soprattutto per una nuova e interessante voce svizzera che vuole iniziare il difficile percorso da regista. In bocca al lupo.