Le masterclass curate da Edoardo Albinati a L’immagine e la parola, si sono concluse domenica mattina con un confronto a cui ha partecipato anche il regista Marco Bellocchio, un affezionato di Locarno. La discussione, si è concentrata sul lavoro che lo sceneggiatore e il regista hanno fatto insieme sul libro di Massimo Gramellini Fai bei sogni. Un testo autobiografico che è servito da base per la sceneggiatura di Albinati e per la messa in scena di Bellocchio.
Il genere autobiografico, ha detto Albinati, è falsamente autentico. E un’opera autobiografica non sarà mai soddisfacente per l’autore. C‘è una sorta di infedeltà alla propria vita che funge da sottofondo alla scrittura. «Ecco, noi abbiamo dovuto e voluto lavorare con questo materiale. Ed è interessante notare – ha continuato Bellocchio – come lo stesso autore si sia riconosciuto nel bambino, ma non nella persona adulta. Del resto per trattare un’autobiografia occorre essere spregiudicati e noi lo siamo stati». E questo andando anche a scapito della fedeltà di quanto è scritto e della fedeltà di una vita come quella del giornalista.
Il meccanismo alla base del film è quello della suspance. Nel senso che ogni volta che il protagonista è vicino a conoscere la verità sulla morte della madre (che si è uccisa buttandosi dalla finestra), fa di tutto per evitarla. «Questa è stata la sua lotta per difendersi da una tragedia insopportabile e cioè la morte della mamma» ha detto lo sceneggiatore.
Tra le diverse suggestioni uscite dal colloquio anche quello sugli spazi. «Nel preparare il film – ha precisato Bellocchio – abbiamo eseguito diversi sopraluoghi a Torino per cercare di capire e cogliere gli ambienti del romanzo. Ma alla fine abbiamo ricostruito in studio l’appartamento in cui ha vissuto Gramellini da piccolo. E lo abbiamo fatto cercando di creare spazi interni in cui si possa vedere l’estero. E nei quali l’esterno aveva elementi facilmente riconoscibili come lo stadio». Spazi che hanno aiutato a creare un mondo, oggi sparito, ovvero quello della Torino degli anni 70.
Si è parlato anche di invenzione e manipolazione della realtà. Un discorso molto lungo e articolato e che Bellocchio e Albinati hanno affrontato non escludendo nulla. Lasciando cioè aperte tutte le strade che si insinuano tra questi due opposti. Ed è proprio giocando su questi concetti che i due hanno costruito il film Fai bei sogni.