È sicuramente tra le protagoniste di questa seconda parte del 2021. Bindu De Stoppani (ticinese di origine, ma da qualche anno residente a Londra con la famiglia), durante questi due anni di pandemia ha lavorato molto e i risultati li stiamo vedendo proprio in queste settimane. Il 26 ottobre la RSI ha mandato in onda, in prima assoluta, il suo ultimo film: 40enni in salita, mentre Netflix ha da poco messo sulla sua piattaforma una nuovissima serie, da lei diretta e intitolata: Guida astrologica per cuori infranti, una romantic comedy che sta riscuotendo un ottimo successo, tanto da essere tre le più viste in Italia.

Il film 40enni in salita è la storia di tre amiche di infanzia, Marta (Elena Di Cioccio), Sara (Anna Ferzetti) e Isabella (Euridice Axen), accompagnate dalla figlia di una di loro, le quali, costrette a lasciarsi alle spalle la vita di tutti i giorni, devono confrontarsi con il loro passato e conquistare la natura selvaggia. Attraverso le sfide fisiche ed emotive, viene messa alla prova la loro amicizia, che gli chiederà il conto su alcune verità nascoste, per scalare le loro montagne interiori…

La serie Netflix racconta la storia di Alice Bassi (Claudia Gusmano), trentenne single (non per scelta) che lavora come assistente di produzione in un piccolo network televisivo. Il suo ex fidanzato Carlo sta per sposarsi e diventare padre e, come se non bastasse, al lavoro arriva un nuovo affascinante direttore creativo (Michele Rosiello). Ma la vita di Alice prende una piega inaspettata quando conosce Tio (Lorenzo Adorni), attore di soap opera e sedicente guru dell’astrologia, che diventerà presto la sua guida astrologica per cuori infranti.

Prima attrice (la ricordiamo in una parte di The Beach con DiCaprio) e da diversi anni regista, Bindu De Stoppani si sta ritagliando uno spazio importante, seguendo una sua visione piuttosto precisa su quello che intende fare. I due prodotti appena usciti lo confermano. L’abbiamo intervistata, ecco quello che ci ha detto.

 

Bindu, che sensazione ti fa vedere due tue opere uscire praticamente nello stesso momento?

È super emozionante e anche un po’ spaesante perché ogni uscita porta con sé un mondo e questi due universi, per un caso fortuito, sono coincisi. Due mondi diversi, ma che mi rappresentano molto e soprattutto parlano del mio ultimo anno e mezzo perché sono stati creati in parallelo in questo particolare periodo storico.

 

Che differenza hai trovato nello scrivere un film e una serie tv?

Il processo di scrittura è abbastanza simile, ma la differenza più grande riguarda il tempo che hai a disposizione per sviluppare i personaggi e la storia. In un film i vari passaggi narrativi sono molto chiari ed evidenti e devi riuscire a incapsulare il percorso emotivo dei personaggi in questi momenti topici. In una serie tv hai la libertà di approfondire i personaggi e hai più tempo di sviluppare gli archi narrativi. A volte li puoi lasciare pure aperti, non è necessario chiuderli soprattutto se si ha la visione di un’altra stagione. Ovviamente sono necessari i cliffhanger dove la narrazione si conclude con una interruzione brusca in corrispondenza di un colpo di scena o di un altro momento culminante caratterizzato da una forte suspense. E per la serie è fondamentale la prima puntata, che è piuttosto anomala perché devi dare la premessa della storia, introdurre i personaggi, ma le vicende vere e proprie iniziano solo nel secondo episodio. È una puntata paragonabile ai primi dieci minuti di un film.

 

Ogni regista ha qualche piccola ossessione. Per esempio, Tarantino ama filmare i piedi. Tu, invece, le donne al bagno. Confermi questa piccola mania?

(ride) Sì, è assolutamente vero. È uno scherzo che facciamo sul set e in ogni sceneggiatura c’è una scena del genere. Devo dire che all’inizio tante di queste piccole manie sono inconsce e non le inserisci di proposito, ma ora sono diventate un gioco ironico con la troupe ed è quasi diventata la mia firma insieme alle scatole dei ricordi. Del resto, non vedo quasi mai rappresentate al cinema donne in bagno. Ma è importante mostrarle secondo me, perché quel momento fa parte di una quotidianità che viviamo tutte. Aggiungo anche che i bagni dovrebbero essere il doppio di quegli degli uomini perché ci sono sempre le file e non capisco perché gli architetti, quando li progettano, non ne facciano di più per le donne.

 

Il resto dell’intervista sul prossimo numero della rivista