Ogni anno gli amanti dell’animazione e i creativi di tutto il mondo si riuniscono all’inizio di settembre a Baden per il Fantoche Festival, una delle più grandi e peculiari vetrine svizzere del cinema animato. L’edizione 2019 ospita la prima retrospettiva dedicata alla Svizzera italiana, aprendo il dialogo sul futuro dell’animazione in Ticino. Invitata come screening artist, ho l’opportunità di conoscerne il curatore, Rolf Bächler.
Lo incontro presso il suo Animatorium di Leuengasse 15 a Zurigo, centro di documentazione e promozione dell’animazione svizzera e non solo. Dal primo scambio di battute emergono la passione e la curiosità che lo hanno spinto a dedicare tutta la carriera al settore per esplorarne le opportunità.
Animatore, produttore, critico, insegnante che ama veder accendersi la luce negli occhi di chi si approccia al mestiere, oggi Rolf si dedica al ruolo di archivista e promotore di quanto è stato prodotto in Svizzera dagli albori del cinema di animazione perché, dice, è una memoria storica che ci descrive, un tesoro che aspetta solo di essere scoperto e continuato.

Quest’anno la Svizzera italiana è invitata per la prima volta a Baden. Come nasce l’idea di questa retrospettiva? Quali sono i contenuti del programma?
Notavo che quando si parlava di animazione svizzera, la Svizzera italiana non veniva mai nominata. Ricercando anche nelle prime pubblicazioni la parte dedicata al Ticino era sempre esigua.
Ho punzecchiato la direttrice di Fantoche, Annette Schindler, sottolineando il fatto che invitavamo grandi artisti della scena internazionale, ma non sapevamo mai nulla di quello che succedeva dall’altra parte del Gottardo. Mi ricordavo di avere visto serie animate degli anni ’70, avevo incontrato anche alcuni artisti dell’epoca iscritti all’associazione degli animatori svizzeri, Cavani, Crivelli, Tognola…Ed ero convinto che ci fosse ancora qualcosa, dovevamo investigare.

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